n. 16 anno 2016
Coaching skills
autrice, Jenny Rogers
recensione di Andrea Castiello d'Antonio
Coaching skills. Fourth Edition.
Open University Press. McGraw-Hill Education, 2016 Pp. XIII+320, £ 29.99.
Jenny Rogers è una executive coach, supervisor e formatrice di coach con oltre venticinque anni di esperienza, oltre ad essere una persona da sempre impegnata nell'intelligente e competente diffusione dei principi di base del coaching.
Questo libro, che èuscito appena due mesi fa, reca il sottotitolo di The Definitive Guide to Being a Coach: in questo sottotitolo non è tanto da considerare l'aspetto (altisonante) della"completa guida" quanto il verbo, cioè l'"essere coach". Essere coach è molto diverso da "fare il coach" ed è ancora più lontano dall'idea di "fare business con il coaching" e, nell'ottica di una discussione franca ed aperta, l'autrice non manca di sottolineare ogni aspetto della professione di coach: anche quei lati di cui non si parla spesso, rappresentati dai limiti del coaching e dalle (inevitabili) delusioni che si finisce con lo sperimentare in taluni percorsi di coaching particolarmente difficili.
Come molti professionisti che hanno iniziato a offrire attività di consulenza one-to-one in tempi in cui l'idea e il vocabolo coaching non erano conosciuti, e tantomeno utilizzati nel mondo del lavoro, Jenny Rogers inizia questo libro ricordando i primi passi percorsi in questo delicato campo, introducendo un testo che - come lei stessa afferma - avrebbe voluto avere a disposizione proprio nel corso delle prime fasi della sua carriera. Ma il libro non si rivolge assolutamente ai neo-coach, tantomeno a coloro che "vorrebbero diventare" coach, essendo un testo impegnativo perché denso non solo di esperienza professionale ma anche di riferimenti a diversi campi della letteratura specialistica internazionale.
Lo scopo basilare del testo è mostrare come funziona il coaching orientato agli executives, e perché è utile nel mondo organizzativo di oggi. Ciò è realizzato mettendo insieme continuamente gli aspetti pratici dell'attività con quelli tecnici e con i riferimenti teorici appropriati. Ad esempio, in controtendenza con la maggior parte delle persone che si occupano oggi di coaching (in ogni sua accezione), l'autrice afferma senza mezzi termini che il coaching non esisterebbe se non fosse esistito il mondo delle psicoterapie, e che tra coaching, counseling e psicoterapie vi sono legami strettissimi.Un'affermazione che va sottoscritto in pieno anche se scomoda per molti e del tutto incomprensibile per tanti, cioè per tutti coloro che non hanno alcuna istruzione e formazione nel campo delle applicazioni della psicologia al mondo delle organizzazioni.
L'orientamento globale di Rogers è del genere "eclettico": ella coglie gli aspetti più utili da una miriade di modelli e teorie e li applica nel momento in cui ritiene che siano efficaci. In questo testo tutto il sapere e tutta l'esperienza dell'autrice convergono non certo al fine di offrire al lettore un manuale asettico o didattico sul coaching, quanto per rappresentare la propria personale visione di come vivere il ruolo di coach. E' in questa prospettiva che il libro può essere davvero apprezzato e che può offrire numerosi spunti soprattutto a coloro che si collocano saldamente all'interno delle aree del counseling organizzativo e dell'executive coaching.
Il testo si apre con una introduzione e prosegue per ben quattordici capitoli densi di riflessioni e considerazioni. Al termine sono presentate due appendici, mentre la chiusura è affidata alla bibliografia e alle indicazioni per ulteriori approfondimenti
Nel definire il coaching emerge fin dall'inizio il ruolo che svolgono le teorie nell'impostare i percorsi e le prassi professionali, ma fin dal secondo capitolo il cuore del discorso si orienta verso quello che potremmo definire il lato interno del coaching, cioè la creazione e lo sviluppo della relazione professionale tra coach e cliente. Una relazione che è discussa nei suoi aspetti più espliciti ma anche in quelli inconsci, basata com'è sulla costruzione del senso di fiducia e sulla capacità del cliente di crescere e svilupparsi cogliendo l'opportunità delle sessioni periodiche. Molte questioni delicate sono qui discusse; per fare solo degli esempi, si riflette sul bilanciamento tra porre delle sfide al coachee e offrirgli rassicurazioni, sull'opportunità di comunicare informazioni e porsi come una guida, su come affrontare le situazioni traumatiche che la persona ha vissuto, o che vive attualmente e, infine, su cosa c'è "oltre" la tecnica. Per rispondere questa ultima domanda sarebbe semplicistico pensare che oltre la tecnica c'è la persona - ciò è scontato! Il problema è quale tipo di persona, in possesso di quali competenze professionali e soprattutto di quali capacità soggettive.
Il coaching, dunque, is a serious business, una frase che utilizza Jenny Rogers e che dovrebbe essere intesa non nel senso che il coaching può promuovere un impegnativo giro di affari, bensì nel senso di svolgere un'occupazione professionale seria e competente, in un contesto culturale aziendale che si auspica sempre più evoluto: da ricordare, in tale direzione, il libro di Peter Hawkins, Creating a Coaching Culture, pubblicato nel 2012 da Open University Press (www.mheducation.co.uk).