hronline
     n. 12 anno 2016

Il tramonto di un mitico assioma

di Stefano Greco

"Non si può non comunicare" è la doppia negazione più famosa nella storia della Psicologia della Comunicazione.
Su questo assioma, descritto da Watzlawick, Beavin e Jackson nel loro celebre libro "Pragmatica della comunicazione umana", si sono formate almeno quattro generazioni di formatori e altrettante di partecipanti aziendali e studenti universitari.
Il concetto è ancora sulla cresta dell'onda ma i segni del tempo iniziano a farsi sentire.
Dal 1967 (anno di pubblicazione del libro) ad oggi, il mondo è irriconoscibile e lo è soprattutto sul versante della comunicazione, dove l'interazione umana non si gioca più soltanto faccia a faccia o comunque con le modalità fisiche di una volta, ma anche "schermo a schermo", "webcam a webcam", "social a social".
Ma non è soltanto una questione di cambiamento di canali, mezzi e modi di comunicazione.
Sono cambiate completamente le teste delle persone, comprese le nostre, e con esse le situazioni.
Affermare oggi che il silenzio o un'assenza comunque comunicano qualcosa inizia a far sorridere.
Sul viale del tramonto, il mitico assioma ha già perso il primo "non", facendo cadere quella certezza matematica che per mezzo secolo ha rassicurato tutti noi. Ormai è diventato semplicemente un principio della comunicazione circoscritto all'ambito dell' interazione faccia a faccia, ovvero al contesto originario nel quale era nato.
Oggi, invece, "Si può non comunicare" perché non si vuole o perché, paradossalmente, c'è un eccesso di canali e opzioni comunicative. Ed in entrambi in casi, "E' impossibile comunicare". Manager e professionisti hanno almeno due indirizzi di posta elettronica, uno aziendale, l'altro personale, un account su Twitter, un profilo Facebook, sono in alcuni gruppi su WhatsApp e, perché no, anche su qualche altro social network per condividere foto, video e qualche chat un po' spericolata.
Dunque, "Non si può non rincorrere la comunicazione". E in questa corsa affannata, senza avere neanche uno specifico traguardo da raggiungere, si sfilacciano e si perdono le relazioni umane. Risposte mancate, assenza di galateo, risse informatiche per email in copia conoscenzainopportuna, atteggiamenti divenuti narcisistici e arroganti che in un attimo dissolvono una leadership magari faticosamente costruita nel tempo.
"Si può nascondere la comunicazione": l'opzione Ccn della posta elettronica consente di farlo.
Ma come si fa a contraddire il senso stesso della comunicazione che si basa sulla condivisione?
Addio, quindi, a "non si può non comunicare": perché ora si può.
Quando non si vuole comunicare, la comunicazione diventa impossibile. Un cliente che non paga il servizio ricevuto e sparisce, una contrattazione aziendale dove gli attori sono barricati in trincea, un gruppo di lavoro conflittuale dove il o la responsabile non vuole comunicare perché non sa farlo né tanto meno gli interessa capire come sviluppare questa competenza basilare.
Gli emoticon, gli stickers e le reactions nelle comunicazioni social si pongono come surrogati emotivi delle relazioni.
L'assenza di comunicazione è l'espressione di un vuoto relazionale a cui nessun assioma è ormai più in grado di dare senso. La conclusione è che oggi non si comunica più sempre e comunque.
Forse ci sembra di farlo, ma in realtà siamo più concentrati sui nostri dispositivi digitali che sulle esigenze degli interlocutori.
Il vuoto comunicativo esiste e non va più considerato come comunicazione.
Magari due estranei in ascensore, girando gli sguardi in modo periscopico, comunicano ancora che non vogliono comunicare; ma l'attuale complessità del nostro mondo è tale che l'aut aut è inevitabile: o si comunica raggiungendo un risultato concreto oppure non si può più parlare di comunicazione secondo dettami assiomatici.
In sintesi, oggi bisogna prendere confidenza con i nuovi principi di comunicazione che hanno tolto il monopolio al mitico assioma, ovvero: "Si può non comunicare"e "Non si può non scrivere".
Magari qualche nostalgico la pensa ancora come Sherlock Holmes, "Non faccio mai eccezioni. Un'eccezione contraddice la regola".
Ma, a volte, sappiamo come anche le regole del gioco, con il passare del tempo, debbano fare il loro change management.
Elementare Watson.


Stefano Greco, Psicologo, Saggista, Formatore aziendale

 

  • © 2024 AIDP Via E.Cornalia 26 - 20124 Milano - CF 08230550157 - tel.02/6709558 02/67071293

    Web & Com ®