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     n. 16 anno 2017

Tre chiavi gestionali per un nuovo management del people value

di Renato Boccalari

Avete mai visto le casseforti, quelle vere? Non hanno una sola chiave ma almeno tre.

Bene, anche per arrivare al cuore delle persone e del Valore che c'è in ciascuno di noi, occorre saper aprire tre serrature usando la chiave giusta.

E questo vale specularmente, sia per chi sta fuori dalla "cassaforte" e la vuole aprire, sia per chi sta dentro la "cassaforte", ovvero per noi persone che lavoriamo, che vogliamo realizzarci come persone attraverso il nostro lavoro e che dobbiamo imparare ad aprire per primi le "porte" della nostra mente, per accedere e liberare gli autentici tesori che contiene.

Lo scenario di business dominato dall'accelerazione esponenziale del cambiamento tecnologico e dalla crescita pervasiva della Social Economy, impone infatti di porre alla base di una People Strategy che voglia veramente (e non solo a parole) costruire Valore per il business attraverso il Valore per le Persone, tre nuove Chiavi gestionali che devono guidare il pensiero e l'azione di chi ha la responsabilità della gestione delle persone stesse, dal top management, ai capi diretti alla funzione HR, e pervadere la cultura aziendale nel suo insieme.
Le formulo qui di seguito in forma di "Equivalenza", ispirandomi e sperando di essere chiaro come lo è Gesù Cristo, quando formula quella più alta di tutte: "Ama il prossimo tuo come te stesso":

  • A. Persona=Cliente
  • B. Talento=Business
  • C. Fasi di vita del Business=Fasi di vita del Talento

Vediamone ora il significato, concettuale ed operativo:

A. Persona=Cliente, ovvero: People Relationship Management = Customer Relationship Management (PRM=CRM), o ancora: People Strategy=Customer Strategy
Oggi la Persona come il Cliente è al centro, non perché ce lo ha messo l'azienda ma perché la tecnologia digitale ed il WEB lo abilitano ad autogestirsi il proprio progetto di vita professionale. Pensiamo per capirci a come già oggi molti giovani cercano, trovano e cambiano lavoro maneggiando con maestria i canali informativi di Linkedin e della Rete. Impostare la relazione con le persone - già in azienda o che vorremmo lavorassero con noi
- come imposteremmo la relazione con i nostri clienti, vuol dire non darli per scontati, ma conoscerli a fondo, fare di tutto per portarli a lavorare con noi, farli crescere insieme a noi, farli restare con noi, fidelizzarli, farsi riconoscere come partner non per un momento della vita ma durante tutte le fasi di vita, personale e di lavoro.
Lo Scambio di Valore fra azienda e persona=cliente è reciproco. La moneta di scambio non è tanto o solo economica ma basata appunto sul Valore, cioè sull'insieme di benefici e vantaggi che una persona ricava dall'esperienza in quell'azienda rispetto ad altre.
Le fasi ed i momenti chiave del PRM si possono quindi sintetizzare nel:

  • Conoscersi a fondo
  • Portare a bordo
  • Sviluppare la relazione
  • Fidelizzare
  • Far diventare Ambassador

B. Talento=Business, ovvero: Talent Management=Business Management.

Come per un Business, un Talento va:

  • Scoperto
  • Sviluppato
  • Impiegato alla grande
  • Consolidato
  • Rivitalizzato

Come nel Business, lo Scambio di Valore con i talenti non è tanto/solo economico ma sta nella possibilità del talento di esprimersi e realizzarsi pienamente.

Gli esempi da altri mondi lo confermano, il talento, la sua scoperta, la sua piena espressione e realizzazione si trasformano anche in business e valore, economico e patrimoniale: nel calcio e nel mondo sportivo in genere, nell'arte, nella pittura, nella musica, nell'alta cucina, etc.
Anche nei Business, già oggi e sempre più in futuro, occorre innovazione: che dipende sia dalla creatività dei giovani talenti sia dall'esperienza e dalla capacità di trasformarla in innovazione organizzativa dei senior talent.
Il punto chiave è gestire la relazione con le persone e con il loro talento come si gestisce un business, ovvero una fonte duratura di Valore e di "differenza competitiva", per le persone e per l'azienda che le ha individuate, portate a bordo, fatte crescere, motivate e trattenute.
Sì, perché questa "chiave" è fatta a step: come il Business Management, così anche il Talent Management deve essere un processo completo e integrato, che va dal definire il tipo di persone che come azienda vogliamo che lavorino con noi, al farsi conoscere da loro ed aiutarle a capire se hanno le competenze ed il talento giusto per il tipo di sfida che offrite, al farle crescere, motivarle con continue e nuove sfide, portando a casa ogni volta, da ogni esperienza, qualcosa che vale per entrambi, persone e aziende.

C. Fasi di vita del Business=Fasi di vita del Talento

I Business, quelli forti e vitali, come i talenti delle persone, non muoiono mai: pensare alle Biciclette, agli Orologi, alla Moda e all'Automotive per credere.
Il Ciclo di Vita non finisce con il declino, può ricominciare e rinascere, sia per i business sia per le persone, ma a patto di non fossilizzarsi sui successi del passato, di non vivere di rendita, di mantenersi sempre aperti al cambiamento ed all'innovazione.
Come al cambiare della Fase del Business cambiano i Fattori di Successo per vincere la battaglia competitiva, così noi, persone in battaglia al lavoro e per il lavoro, al cambiare della fase di vita, personale e professionale, dobbiamo saper adeguare le strategie di gestione delle nostre risorse personali e le nostre competenze e motivazioni. E anche l'azienda e i capi devono essere consapevoli di ciò ed aiutare le persone a vivere al meglio ogni fase ed il passaggio da una fase ad un'altra.
A 20, 40 o a 60 anni gli obiettivi di crescita e di autorealizzazione non possono che essere totalmente diversi e saperli riconoscere e soddisfare può essere, se non la chiave della felicità, sicuramente della piena realizzazione di sé stessi.
Se è ormai dimostrato da tutte le ricerche sociologiche sulle generazioni al lavoro, dai Millennials ai Baby Boomers, che esistono grandi differenze di Valori, motivazioni, atteggiamenti verso il lavoro, è altrettanto dimostrato dagli studi psicologici che l'età e l'Aging at Work, come lo chiamano gli anglosassoni, non sono portatori solo di declino e calo psico-fisico. Al contrario, lo scorrere del tempo fa crescere tutti i principali "ingredienti" della performance, dall'intelligenza "cristallizzata" alle motivazioni, soprattutto di appartenenza aziendale e di generatività verso i più giovani, all'attenzione alla sicurezza e alle buone relazioni sociali: non sono forse "talenti" questi? Non sono dotazioni preziose che l'età porta con sé? Perfino la propensione creativa e all'innovazione non decresce: ma quante aziende lo sanno, quante lo mettono in pratica, in alternativa ai soliti piani di taglio degli organici e dei costi?
L'obiettivo della People Strategy è e deve essere sempre lo SVILUPPO, in tutte le fasi di vita, anche se con modalità e obiettivi diversi nelle varie fasi. E oggi, in uno scenario di vita biologica e lavorativa molto più lungo, dobbiamo tutti cambiare "Mindset" nei confronti della vita e dei vecchi "tempi" di lavoro. Mettendo alla base dei nostri pensieri e delle nostre azioni riferimenti teorici ed applicativi diversi, come ad esempio quelli del Life Span Development (Baltes) e delle Neuroscienze: il primo ci dimostra che la nostra mente non smette mai di crescere e di svilupparsi, ben al di là dell'orizzonte temporale ed anagrafico a cui siamo abituati. Le seconde ci dimostrano che proprio a livello di cellule cerebrali esiste un'insospettabile capacità di rigenerarsi e di combattere il decadimento, che non conoscevamo. Rivitalizzare, ridare slancio alle nostre capacità e alla nostra mente dentro di noi, dunque si può, esattamente come abbiamo imparato a fare con i business che creiamo, fuori di noi.

Ma è davvero possibile? Come si fa utilizzare concretamente questo "metodo", che è innanzitutto un approccio mentale?

Proviamo ad applicarlo calandoci prima nella testa della "persona" e facciamo insieme questo esercizio: immaginiamo che il "cliente" siamo noi davanti al nostro lavoro, visto innanzitutto come fonte di realizzazione personale prima ancora che di sostegno economico. E che i "fornitori" siano due, uno fuori di noi: l'offerta di jobs e opportunità di lavoro proposte dalle aziende; l'altro dentro di noi: quando ci guardiamo al nostro specchio mentale e, come se il nostro cervello, la nostra testa, cuore, pancia fossero la nostra "macchina", ci chiediamo: cosa so fare e cosa posso fare con questa "macchina", cosa voglio da lei, dove voglio che mi porti, a raggiungere quali traguardi?
Ed è chiaro anche che devo pensare alla mia "macchina", pardon a me stesso nelle vesti di "coach" (nel senso letterale di guidatore con relativa "carrozza") con un minimo di stima e considerazione di base, e aver fatto qualcosa, ad esempio studiare abbastanza, per potermi guardare come uno a cui si deve un minimo di rispetto e di dignità.
Partiti da queste premesse (ed è facile capire come e quanto spesso manchino e i problemi che ne derivano) si può cominciare il viaggio, ad esempio quando ci si mette davanti alla questione del lavoro e dell'azienda da scegliere per realizzarsi, o del prossimo passo di carriera, in questa o in un'altra azienda.
Ed è ovvio che se vogliamo che la cosa funzioni, anche il "fornitore" di opportunità che sta "fuori", cioè aziende, HR e capi, devono essere sulla stessa lunghezza d'onda, del vedere la persona come un "cliente" che da "cliente" adulto e consapevole si comporta, innanzitutto davanti a sé stesso e alle sue risorse (la "macchina") e nei confronti del lavoro e di chi glielo propone.
Proviamo quindi a calarci in una situazione concreta: quando ad esempio il Selezionatore di un'azienda (o un Head Hunter) e un "cliente" candidato per una posizione, si incontrano. Ma lo stesso discorso può essere applicato quando una persona si candida alle HR o al suo capo per muoversi in un ruolo diverso o per cogliere un'opportunità di carriera.

Per aiutarvi a calarvi nell'approccio mentale Persona=Cliente, provate a immaginare che non state proponendo un ruolo ma siete un "Venditore" (con la V maiuscola, che usa un approccio consulenziale e di partnership verso il "cliente"): volete sì proporre quell'auto al cliente che ve la chiede, ma volete anche capire se l'auto è fatta per lui e lui per l'auto: ha la disponibilità economica (di risorse) giusta? Risponde alle sue esigenze? Saprà guidarla bene o non è troppo veloce e avanzata per lui? Etc.

Facciamo un passo avanti. Possiamo immaginare tre possibilità, ognuna delle quali comporta una modalità di gestione diversa ma ugualmente "responsabile", innanzitutto da parte di quel fornitore (esterno) di opportunità che è l'azienda e di colui che in quel momento la rappresenta:

  • 1. Il candidato ha le caratteristiche "giuste" - esperienze, competenze, capacità, motivazioni e, da buon "interrogatore" del suo "fornitore" interno, ha fatto un'analisi corretta e centrata del "fit" fra quello che ha da dare e chiedere a sé stesso con quello che chiede l'azienda ed il ruolo futuro
  • 2. Il candidato sopravvaluta le risorse complessive della sua "macchina" interna, rispetto alle caratteristiche della "macchina", ovvero del ruolo di cui dovrà mettersi alla guida: anche se dimostra molta sicurezza di sé e delle proprie possibilità, l'analisi oggettiva dice al buon "venditore" che quell'auto non è fatta per lui. Se dovesse classificarlo, lo definirebbe un "velleitario", una persona cioè che ha una dotazione reale (rispetto al job) molto al di sotto della sua presunzione.
  • 3. Il candidato sottovaluta o non si "vede" ancora addosso le risorse, tutte le competenze e le capacità che il ruolo richiede. Vuoi perché le sue motivazioni non sono ancora maturate al punto giusto o perché sono dirette ancora altrove, non riesce a leggere pienamente le potenzialità di cui dispone. Qui siamo nel caso di una persona "modesta", proprio perché sa cosa vuol dire eccellere e che perciò tende a considerarsi non ancora all'altezza di sfide per cui ha in realtà tutte le potenzialità necessarie.

Se siamo nel primo e fortunato caso, non ci sono grandi ostacoli a percorrere insieme, Azienda "Fornitore" e Persona "Cliente", il tratto di strada che porterà a concludere l'"affare" reciproco e a mettere il nostro "cliente" alla guida della sua nuova "auto".

Ma negli altri due casi, il "cliente" non è stato un buon "consulente" e partner di sé stesso, e allora deve essere il "fornitore" esterno a calarsi in questo ruolo, aiutando la persona a prendere maggior consapevolezza, nel primo caso dei suoi limiti, che non percepisce, nel secondo dei troppi limiti e vincoli mentali che si pone da solo, e che possono diventare un ostacolo alla piena realizzazione di sé e delle sue potenzialità.
Vi risparmio per carità di patria la domanda su quante volte avete visto accadere questo film a lieto fine, anziché altri, all'insegna di un disinteresse di fondo per la persona, che viene lasciata sola con i propri limiti.
Ma è certo che ogni volta che il "fornitore" dimostra di saper intervenire, dare un feedback franco, dire le cose come stanno, anche se al momento alla persona possono apparire spiacevoli, di saper davvero agire da "partner", prima di tutto nell'interesse della persona stessa, ebbene ognuna di quelle volte si crea un Valore che rimane e che la persona saprà apprezzare e mettere a frutto per sé stessa e per la sua crescita.
Ed è questa la vera e unica via per creare un Valore per le Persone, che alla lunga ritorna anche a chi lo ha offerto, Azienda, HR o Capi consapevoli e responsabili che sia.

Renato Boccalari, Senior Advisor Human Capital di GSO Company 

 

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