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     n. 20 anno 2017

Uno sguardo “velato”, la parola agli indicatori OCSE su education e competenze: ancora troppo pochi laureati in Italia e scarso valore della laurea per le imprese

di Giuditta Alessandrini

La connessione tra capitale umano, ricerca e innovazione è la pietra angolare della ripresa di competitività e dello sviluppo occupazionale nel paese. Su questo postulato non possiamo che trovare consensi ma la fotografia che ci offre l'OCSE nei due recenti documenti dell'ottobre 2017 sul tema education e competenze genera senza dubbio un "velo" d'ombra difficile da dipanare.
Il Report "Education at a glance" (www.oecd.org) ci regala dati e classifiche relative a fatti educativi di non poca rilevanza per i 35 Paesi membri. Qual è dunque il profilo dell'Italia, come ne esce e qual è il posizionamento rispetto agli altri Paesi? Ad uno sguardo la situazione è tutt'altro che confortante! Chiunque si occupa di capitale umano non può fare a meno di riflettere su questi aspetti e tentare di ragionare anche sulle possibili vie d'uscita.
Innanzitutto occorre "zummare" un dato: l'Italia si posiziona tra i più bassi livelli di istruzione terziaria (ovvero a livello laurea), il 18% degli adulti. Questo dato cresce al 26% se si considerano solamente i giovani dai 25 ai 35 anni, ma è sempre inferiore alla media OCSE. Va detto comunque che - in quanto al dato del grado di conseguimento di una laurea - l'Italia è il penultimo dei Paesi OCSE dopo il Messico. A dire la verità non ce lo aspettavamo considerando che siamo il paese in cui alcune grandi università hanno fatto la storia di questo istituto nel mondo!.
Altri dati negativi caratterizzano la situazione degli studi terziari: scarsa attrattività delle nostre università a livello internazionale e scarsa attenzione da parte delle imprese per offrire opportunità di lavoro ai laureati. L'Italia - si legge nel Rapporto - è uno di quei pochi paesi in cui le prospettive di occupazione per i laureati tra i 25 ed i 35 anni sono inferiori a quelle dei diplomati dei corsi di studio professionali di istruzione secondaria superiore. Gli ambiti più richiesti di educazione terziaria in Italia sono gli studi umanistici, le arti e le lettere, le scienze sociali, ed il giornalismo. L'ambito delle scienze, tecnologie, ingegneria e matematica (STEM) è appena al di sotto della media OCSE. È interessante notare - e questo potrebbe essere un dato positivo - che l'Italia ha il più significativo sbilanciamento di genere tra i paesi dell'OCSE: 94% delle triennali ed il 91% sono infatti donne.
Il secondo documento, "Strategie per le competenze dell'OCSE", Sintesi del Rapporto Italia, (http://www.oecd.org/skills/nationalskillsstrategies/Diagnostic-report-Italy.pdf), punta il dito sul livello di competenze relativamente basso del paese ed anche di una debole domanda di competenze avanzate, oltre ad un uso limitato delle competenze disponibili.
Queste sottolineature sono in realtà un vero "alert" rispetto al disegno di un futuro in cui Industry o Impresa 4.0 dovrebbe segnare il passo! Le politiche per le competenze dovrebbero dunque costituire una priorità. L'Italia invece è come imbrigliata in una situazione di "low skills equilibrium". Da qui dieci sfide da affrontare nel prossimo futuro, dall'orientamento alla sperimentazione per i giovani delle pratiche di alternanza con gli ambienti di lavoro agli incentivi che si avvalgano di pratiche di performance avanzate nelle imprese. Tutto questo per contrastare il declino del Paese, promuovere la previsione delle competenze che occorrono per lo sviluppo e presidiare lo skills mismatch.
Migliori competenze possono assicurare migliori lavori e vite migliori: una bella sfida, dunque, non più e non solo diritto all'apprendimento, ma diritto alle competenze è ciò che serve! Di questi temi si parlerà anche a Bruxelles a fine novembre in occasione del rilancio da parte della UE della New Skill Agenda.

Giuditta Alessandrini, Università degli Studi di Roma Tre, Coordinatore Master HR Specialist con AIDP Gruppo Regionale Lazio

 

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