n. 12 anno 2017
Le aziende resilienti prosperano nel caos
di Elin Miroddi e Raul Alvarez
Una risorsa straordinaria per i tempi difficili
Viviamo tempi difficili, nel privato come sul lavoro. E l'uno contagia l'altro. Alle persone è richiesto di fare di più con meno e persino di fare a meno di ciò che ieri contava di più (sicurezza, un lavoro appagante, prospettive di carriera). Un gioco al ribasso, una lotta impari: è la nuova realtà con cui fare i conti, dove non c'è spazio per i rimpianti, perché come annunciano in molti: "Nulla sarà più come prima". Il paradigma è saltato. Occorrono nuove energie e nuove visioni per sopravvivere ad un passato che non c'è più, e riuscire ad immaginare un futuro che non c'è ancora. Occorre fronteggiare le perdite e capitalizzare ciò che resta. Per riuscirci è necessario risvegliare una risorsa che noi tutti possediamo, anche se non tutti sanno come fare a metterla in moto poiché il benessere materiale, in cui abbiamo vissuto finora, ha atrofizzato l'ingegno.
Questa risorsa straordinaria si chiama "resilienza". Un termine oggi di moda dalle origini lontane. Viene dalla metallurgia e ha numerosi campi d'applicazione. In psicologia è definita come "la capacità di riprendersi dalle avversità, superando i momenti difficili, integrando il disagio con la forza, la vulnerabilità con la capacità di riorganizzarsi, uscendone indenni e talvolta persino rinforzati". Dunque non è solo un processo adattivo o una forma di resistenza, è piuttosto la capacità di "ricostruire un percorso di vita" ritrovando in sé lo slancio per reinventarsi e trasformare le difficoltà in occasioni di crescita. È la risorsa di cui le persone oggi hanno più bisogno per recuperare slancio. Per ritrovare sé stessi, le proprie risorse e la propria progettualità. E lo è ancora di più per le imprese che devono continuare ad innovarsi e prosperare nel caos. Riuscirci è difficile, ma non impossibile se si sa come farlo.
Resilience management: un intervento a più livelli
Alcuni top manager cominciano a chiedersi come attivare processi di resilienza nella propria organizzazione. Non esiste una formula valida per tutti: ogni organizzazione è "un organismo" a sé che deve fare i conti con le proprie radici culturali, i propri assetti organizzativi consolidati, un proprio modus operandi, un proprio sistema immunitario. Un progetto di resilienza organizzativa richiede un approccio che tengano conto di tutti questi fattori per realizzare interventi ad hoc. I progetti di resilienza organizzativa sono sistemici e operano a diversi livelli (persone, struttura, processi). Ma il punto di partenza sono sempre le persone. Non tanto, o non solo i singoli, fosse anche il Ceo - che resta lo sponsor principale - quanto i team, poiché gli individui, da soli, possono fare poco in assenza di un contesto che sostenga. Costruire un contesto organizzativo, in grado di sviluppare e sostenere mindset e comportamenti resilienti, è compito di un governo del Personale consapevolmente orientato al resilience management.
I team resilienti hanno una marcia in più
Confermata la volontà del top management di promuovere la resilienza organizzativa, e una politica del Personale mirata in questo senso, il primo target su cui intervenire sono i team perché la resilienza non è un'impresa solitaria: è un'azione collettiva che si sperimenta nelle situazioni avverse. È lì che questa risorsa può e deve emergere per gestire il senso di perdita, lo stress e le emozioni negative che ne derivano. Per riuscirci occorre formare le persone a saper dare e ricevere sostegno reciproco e solidarietà, a sviluppare empowerment e senso di comunità, a coltivare responsabilità e iniziativa, autocontrollo e auto-organizzazione. Sono queste le competenze di base per innescare quella marcia in più che trasforma una squadra in empasse in un team resiliente.
C'è poi l'aspetto cognitivo su cui lavorare, i mindset limitanti che poggiano su abitudini che in ambienti turbolenti ostacolano la percezione e la ricerca di risorse e opportunità. Si tratterà allora di far crescere una mentalità resilience oriented in grado di muoversi e governare l'inatteso con azioni di anticipazione (prepararsi al peggio) e/o contenimento (circoscrivere i danni e lo stress durante le emergenze), ridimensionare i problemi e pensare per soluzioni, intercettare i segnali deboli, prima che diventino evidenti, e trasformare le crisi in occasioni di rinnovamento personale, interpersonale e organizzativo.
In questo breve spazio, indichiamo solo alcune tra le competenze distintive di un team resiliente. Le stesse sulle quali lavoriamo affiancando coloro che nell'organizzazione diventeranno i "tutori della resilienza" :
- Solidarietà e propensione all'aiuto reciproco.
- Consapevolezza etica (orientamento ai valori condivisi) e senso di responsabilità sociale.
- Fiducia nel costruire una progettualità e orientamento all'azione, anche a fronte di scarsità di risorse.
- Tolleranza all'errore e capacità di apprendere dalle esperienze problematiche.
- Gestione positiva dello stress e delle emozioni negative.
- Contenimento dell'ansia, propria e altrui.
- Valorizzazione delle differenza, specie inter-generazionali.
- Attenzione focalizzata e sostenuta sulle cose importanti.
Il Resilience team è tutto questo, e molto di più. È un obiettivo difficile, ma non impossibile. In ogni caso necessario. Dopotutto la competizione si è ormai spostata dalle risorse materiali a quelle immateriali e la resilienza, in questo senso, diventa un capitale ad alto valore aggiunto, una leva per continuare a prosperare nel caos. Un modo per reinventarsi e ridisegnare il proprio futuro.