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     n. 13 anno 2017

Donne, tra studio e lavoro, in Italia

di Ilaria Li Vigni

di Ilaria Li Vigni

Il Rapporto Alma Diploma 2016, redatto dalla Società che si occupa di consulenza e sondaggi in ambito scolastico e formativo, ci mostra che le donne italiane ottengono risultati più brillanti lungo tutto il percorso formativo e in quasi tutti gli indirizzi di studio rispetto ai colleghi uomini, già alla scuola media inferiore e superiore.

Le studentesse si applicano di più, il 75% delle ragazze prosegue gli studi contro il 61% dei ragazzi, soprattutto all'Università dove tra i laureati del 2015, in cui è nettamente più elevata la presenza della componente femminile (60%), la quota delle donne che si laureano è del 48% contro il 44% degli uomini e il voto medio di laurea 103,2 su 110 per le prime e a 101,1 per i secondi.

Le laureate provengono in misura maggiore da contesti familiari meno favoriti: il 26% delle donne ha almeno un genitore laureato contro il 32% degli uomini. Il 20% delle donne proviene da una famiglia di estrazione economica elevata contro il 24% degli uomini.

Insomma, le donne, anche quante vengono da estrazione sociale più semplice, sono decisamente più brave a scuola, con maggiore impegno e profitto; tuttavia, già dal loro ingresso nel mondo del lavoro, sono penalizzate.

I numeri parlano chiaro.

Tra i laureati magistrali, a cinque anni dal conseguimento del titolo, lavorano 80 donne e 90 uomini su cento e può contare su un posto sicuro, infatti, il 78% degli occupati e il 67% delle occupate. Ha un contratto a tempo indeterminato il 48% delle donne rispetto al 58% degli uomini.

Dal punto di vista retributivo: tra i laureati magistrali che a cinque anni lavorano a tempo pieno emerge che il differenziale è pari al 20% a favore degli uomini. A parità di ogni altra condizione, gli uomini guadagnano in media 168 euro netti mensili più delle donne.

In Italia le studentesse universitarie hanno meno probabilità rispetto ai colleghi uomini di scegliere un'area di studio con un elevato potenziale retributivo (13% contro i. 24%), di ambire a posizioni di alta dirigenza (35% contro. 43%).

La società di consulenza Accenture, nello studio "Getting to Equal 2017, fa interessanti comparazioni tra la situazione italiana e quella mondiale in tema di divario retributivo di genere ed anche in questo caso i numeri vanno letti con attenzione.

A livello mondiale, per ogni 140 dollari guadagnati da un uomo, una donna ne guadagna mediamente 100. Lo squilibrio è aggravato dal fatto che, rispetto agli uomini, le donne hanno una probabilità di gran lunga inferiore di ottenere un lavoro retribuito (50% vs. 76%).

Ciò contribuisce a un "divario retributivo nascosto" che aumenta le disuguaglianze economiche tra i generi: la ricerca rivela che ogni 100 dollari guadagnati da una donna ne corrispondono 258 ottenuti da un uomo.

In Italia, per ogni 100 dollari guadagnati da una donna, un uomo ne guadagna mediamente 131 e, considerando il "divario retributivo nascosto", per ogni 100 dollari guadagnati da una donna un uomo ne porta a casa mediamente 192 dollari. Però in In Italia il divario retributivo risulta inferiore rispetto a Inghilterra (131 contro 161), Francia (131 contro 135), Germania (131 contro 160).

L'Italia è ultima nell'Unione europea per donne manager (e per retribuzioni delle dirigenti) ma, in generale, sul gap salariale tra i due generi è il Paese più "virtuoso", insieme al Lussemburgo .

Con un tasso di attività femminile fermo al 55% l'Italia si colloca all'ultimo posto nella graduatoria dei Paesi europei: al primo posto c'è la Svezia (80,5%.), in Germania il tasso di attività femminile (ovvero la somma delle donne occupate e di quelle che cercano lavoro) arriva al 73,5%, nel Regno Unito al 72,2%, in Spagna al 69,2%, in Francia al 67,6% e la media europea si attesta al 67,3%.

Il tasso di occupazione femminile in Italia è pari al 48%, migliore solo di quello della Grecia (43,4%) ma lontanissimo dal primo Paese, la Svezia (74,9%) e dalla media europea (61,2%).

Sono oltre 9,5 milioni le donne occupate in Italia e rappresentano il 41,7% sul totale, al terzo trimestre 2016. Ma le donne dirigenti sono un rarità: poco più di una carica dirigenziale su quattro appartiene ad una donna.

La percentuale più alta di donne occupate é in Trentino Alto Adige e Valle d'Aosta, dove rappresentano rispettivamente il 45,1% e il 45,5% degli occupati. La più bassa in Campania e Sicilia (35%) e in Calabria (36,3%). In Lombardia è del 42,6%, ma era il 43,2% nel 2015, con 1,8 milioni di donne al lavoro.

Questo dato deve farci molto riflettere sulle cause prossime e remote che hanno generato il gap occupazionale, in primis un maschilismo culturale di fondo che ha tenuto le donne spesso ai margini del mondo del lavoro, in ruoli subordinati e con molte più difficoltà di far carriera.

E' interessante porsi una domanda a conclusione della lettura di questi numeri: e se tutte le donne in Italia, per un giorno, incrociassero le braccia?

Molto chiara la risposta: si volatilizzerebbero 2 miliardi di euro, senza considerare la paralisi nella vita familiare e nell'accudimento di figli ed anziani.

Il paese, evidentemente, si fermerebbe.

Teniamone conto quando affrontiamo la questione di genere nel mondo del lavoro e, soprattutto, ne tenga conto la politica, l'economia e la società tutta.

Ilaria Li Vigni, Studio Legale Li Vigni  

 

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