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     n. 14 anno 2017

Trasformazione digitale e capacità organizzativa

di Francesco Venier
presentazione, Giovanni Costa

disponibile su Amazon, versione Kindle a 9,99€ 

La trasformazione digitale cui è dedicato questo libro che ho il piacere di presentare è definita a pagina 23 come "il processo di allineamento di tecnologia digitale, competenze, processi organizzativi e modelli di business, finalizzato a creare nuovo valore per gli stakeholder e mantenere la sostenibilità dell'organizzazione in un ecosistema digitale in costante cambiamento". Così posta, mi sembra una trasformazione troppo complessa per lasciarla alle sole cure di informatici e ingegneri che immaginano di esserne i mandanti e gli esecutori in nome di una presunta priorità tecnologica.

Ben venga allora questo lavoro di Francesco Venier che, avendo una profonda conoscenza delle problematiche organizzative aziendali e dei comportamenti umani nei processi di cambiamento, ci aiuta ad assumere il punto di vista di coloro che le organizzazioni le animano e le vivono. L'Autore lo afferma con decisione fin dalle prime righe: "al centro degli sforzi di chi disegna e realizza la nuova organizzazione va messo l'uomo con i suoi bisogni, le sue aspettative, le sue competenze in continua evoluzione".

Non c'è aspetto della vita lavorativa, familiare, relazionale, ludica, creativa che non sia toccato dalle nuove tecnologie al punto da indurre vere e proprie mutazioni antropologiche. Queste possono essere viste come un processo passivo di adattamento alla pervasività delle macchine oppure come un processo attivo di ampliamento delle capacità umane. Non è la macchina che sostituisce l'uomo (e semmai ne assorbe gli apporti più ripetitivi e stressanti) ma è l'uomo che amplia le sue capacità attraverso la macchina. L'interazione uomo macchina non è adattiva ma evolutiva e morfogenetica. Ed è mediata dalla progettazione organizzativa intesa come costruzione di capacità organizzativa e sviluppo di dynamiccapability e non di strutture e ruoli statici. Venier parla di creazione: implementare la tecnologia significa crearla assegnandole un significato entro un business model o entro un progetto di vita.

Non è possibile concepire la progettazione organizzativa avulsa da un ripensamento del business model che sfrutti tutte le opportunità offerte dalle nuove tecnologie. Se l'approccio è quello di usare la tecnologia per creare efficienza entro un business model dato, non si andrà molto lontano. Se invece la tecnologia è utilizzata come fattore abilitante di nuove strategie di business emerge quella funzione creativa di cui parla Venier. La tecnologia va infatti considerata per la sua capacità di produrre valore per il cliente interno ed esterno attraverso un effetto leva sull'apporto dei soggetti coinvolti.

Le mutazioni comportamentali devono essere capite e supportate da trasformazioni istituzionali. Si pensi ai cambiamenti richiesti dai business model basati su collaboration, access, sharing piuttosto che sull'ownership (pag. 16). Pensare come fa il così detto programma industry 4.0 che la trasformazione digitale possa essere attivata con il meccanismo del super-ammortamento di asset fisici di proprietà, significa avere un'idea ottocentesca tanto della proprietà (furto o diritto divino che sia) quanto della tecnologia e del suo rapporto con il business model. A parte il comunque lodevole intento di abbassare il carico fiscale (meglio se per tutti).

La trasformazione digitale investe la formulazione delle strategie e la progettazione organizzativa che da processo razionale, lineare e sinottico che avanza attraverso aggiustamenti incrementali diventa un processo di apprendimento aperto che avanza per discontinuità. E' necessario qualcosa di veramente nuovo per tenere il passo del cambiamento tecnologico. C'è bisogno di pensare in modo nuovo il ruolo dell'imprenditore e del manager e le modalità del loro lavoro.

Per affrontare il tema ambiguo e sfuggente della trasformazione digitale Venier sceglie un approccio ibrido che è nello stesso tempo scientifico e pragmatico e utilizza come linea guida il costrutto dell'organizationalcapability ancorandolo operativamente a tre componenti di base:

  • la capacità di analisi situazionale e monitoraggio del contesto tecnologico;
  • la capacità di progettazione organizzativa alla luce delle tecnologie disponibili
  • la capacità di implementazione del cambiamento technology based,
Queste compongono il tavolo degli attrezzi degli operatori che hanno la responsabilità di far evolvere le organizzazioni. La trasformazione digitale non implica fare tabula rasa. Venier suggerisce di mantenere in vita l'esistente e di introdurre, in modo organico, un secondo sistema, in parallelo, una sorta di shadow organization in grado di apportare agilità, velocità, cultura e di attivare un processo di apprendimento. Mentre il sistema preesistente che continua a funzionare, fornisce affidabilità, efficienza e le risorse necessarie per sperimentare le nuove soluzioni.

Il primo capitolo si apre con una visione complessiva del fenomeno molto frammentato delle tecnologie, spiegando le ragioni oggettive sottostanti alla loro evoluzione tumultuosa e raggruppandole in due classi: transazionali e sociali. Aiuta così a cogliere sia il potenziale di sostituzione del lavoro in esse incorporato sia il potenziale di creazione di nuovo lavoro attraverso l'accrescimento del capitale umano derivante dall'eliminazione dei costi di comunicazione e delle barriere di spazio e di tempo che in passato vincolavano il disegno organizzativo. Il capitolo si chiude con una analisi su un campione di oltre trecento imprese che fotografa la situazione della digitalizzazione delle imprese italiane al marzo 2017.

Il secondo tema, muovendo dalla lettura del contesto, deriva le conseguenze che i fenomeni tecnologici in atto hanno per i modelli di business delle imprese. Questo porta ad aprire un terzo fronte, quello dei fabbisogni organizzativi e in particolare di come la tecnologia possa essere utilizzata per potenziare il capitale umano dell'organizzazione. Ai fabbisogni di capitale umano è naturalmente legato il quarto tema che riguarda le caratteristiche della forza lavoro che sta entrando nelle imprese e che andrà non solo integrata ma messa al centro dei processi di cambiamento organizzativo. Infine il quinto tema è centrato sulle sfide della trasformazione del pensiero organizzativo, dei progetti di innovazione nelle modalità di lavoro e di organizzazione, in azione concreta, in processi compresi ed agiti dagli individui.

Il libro si rivolge a tre categorie di lettori: gli studiosi, i giovani in formazione, i manager e i consulenti di organizzazione. Agli studiosi il libro propone di mettere un po' di ordine in un dibattito molto frammentato e molto autoreferenziale. Usando la letteratura sulle dynamiccapability, offre un framework convincente per una lettura integrata dei diversi filoni di ricerca. In ogni capitolo tocca una prospettiva diversa del rapporto tra tecnologie e organizzazione e per ogni prospettiva offre una sintesi aggiornata dei contributi scientifici dell'Accademia e dei maggiori think tank privati.

Ma non è tutto qui, il libro offre anche un grande numero di spunti di riflessione sui quali costruire un programma di ricerca per studiare l'impatto della tecnologia sul contenuto del lavoro e sui lavoratori. Anche nella ricerca come nell'organizzazione, i confini tra ambiti disciplinari, metodologie e approcci stanno venendo meno. Le sfide urgenti che le organizzazioni stanno affrontando sono enormi, ma molto spesso il contributo dell'accademia sembra limitarsi a difendere un'ortodossia metodologica in cui l'eleganza formale dei modelli quantitativi è pari solo all'irrilevanza pratica dei risultati conseguiti. Francesco Venier riesce tuttavia a ibridare e quindi valorizzare fonti accademiche, riconoscendone il valore scientifico, e non accademiche, riconoscendone il valore euristico. Il che rende questo lavoro, anche grazie all'uso di numerosi casi aziendali presi dalla realtà italiana, particolarmente sfidante e ricco di stimoli intellettuali per gli studiosi e gli operatori che vogliano dialogare facendo proprio il monito di S.Heleta "gli accademici potrebbero cambiare il mondo se la smettessero di parlare solo tra di loro" (The Conversation 9/3/2016). Venier è un esempio virtuoso di accademico dialogante!

Ai giovani che si stanno formando per entrare nel mercato del lavoro, il libro offre una grande finestra aperta sul futuro dell'organizzazione, sulla sua necessaria accelerazione, sulle sue prospettive e sugli effetti che queste prospettive avranno e stanno già avendo sul modo in cui loro saranno chiamati a contribuire alla creazione di valore nelle imprese, un modo di lavorare non più passivo e subordinato ma attivo e imprenditoriale. Il libro offre loro ispirazione. In un mondo in cui i percorsi di formazione istituzionale offerti dal sistema educativo sono ancora disegnati in base alle esigenze di un sistema economico novecentesco, permette loro di comprendere in modo organico le sfide che le imprese stanno oggi affrontando. A questi nativi digitali pone stimoli importanti di riflessione, utili per orientare le proprie energie in percorsi di sviluppo di competenze più interdisciplinari e mirati a sfruttare la loro digital fluency per offrire alle imprese soluzioni creative. Li spinge a ragionare su sé stessi come fossero delle vere e proprie start-up, a chiedersi quali problemi delle organizzazioni di oggi possono contribuire a risolvere, come sfruttare le tecnologie sociali per rendere visibile il proprio valore. Li esorta insomma a smettere di guardare al futuro come ad una indistinta nebbia nella quale muoversi a tentoni ma a pensare alle opportunità enormi che hanno davanti.

A manager, consulenti, imprenditori il libro offre una specie di bussola per muoversi in un mondo affollato di messaggi a volte enfatici a volte retorici a volte catastrofici dove è difficile avere una percezione corretta dell'evoluzione del contesto competitivo; per distinguere le mode dai cambiamenti strutturali; per stabilire le corrette priorità. Il concetto di trasformazione digitale, che nel manifatturiero è chiamata con l'espressione subito usurata industria 4.0, rischia la banalizzazione che impedisce di coglierne la natura prima di tutto strategica, organizzativa e gestionale e solo in seconda battuta tecnologica. La tecnologia non è la soluzione, è la sfida da affrontare e da trasformare in opportunità attraverso il cambiamento organizzativo.

 

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