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     n. 17 anno 2018

Un piccolo fatto di cronaca

di Paolo Iacci

Turbigo (Milano), 30 settembre 2018 - Un terribile, doppio equivoco che poteva concludersi in modo tragico. E' ormai sera quando il titolare di una stazione di benzina è intento a estrarre la cassetta della "cassa continua": è a fine giornata, la pompa è chiusa e quindi non indossa più la sua normale casacca. Si trova a passare di lì un carabiniere, anch'egli fuori servizio - quindi in borghese - e scambia il benzinaio per un ladro. Si ferma, si qualifica come da prassi esibendo prima il distintivo, poi la pistola e intima l'alt. Il benzinaio, però, non gli crede. Vedendolo vestito in maniera "normale" pensa di trovarsi di fronte a un delinquente. Gli scaraventa contro la cassetta con i soldi e, completamente nel panico, si dà alla fuga sul suo pick up senza ascoltare l'alt del carabiniere. Questi spara due colpi di pistola e colpisce una ruota del mezzo. Il pick up, malgrado la ruota fuori uso riesce ad allontanarsi e l'uomo, terrorizzato, chiama il 112. Lo stesso fa il carabiniere, per chiedere a sua volta rinforzi alla centrale. Due macchine dei carabinieri (questi in divisa)partono immediatamente, ognuna in soccorso della persona che li aveva chiamati. L'equivoco si chiarisce poco dopo nel sollievo di tutti, ma l'episodio avrebbe potuto avere un finale ben più tragico.

Un piccolo episodio di cronaca, insignificante, perfino ridicolo. Eppure, significativo di un clima che sempre più si percepisce nell'aria. Paura, spaesamento, solitudine, incertezza. Nel tessuto sociale si riverbera la continua violenza verbale, il menefreghismo esibito con orgoglio, la perdita del senso delle istituzioni, le regole infrante senza ritegno anche da parte di chi se ne dovrebbe fare garante, la definitiva perdita del valore del merito, della progettualità, della voglia di futuro.

In mezzo però anche chi ha voglia di reagire. Tante aziende chiudono, ma altrettante sono le start up di chi non si dà per vinto. Molti cominciano a dire basta a questo clima. Si può iniziare dalle piccole cose come la buona educazione o il richiamo alle regole per chi le viola, o dalle grandi cose, reagendo al disvalore organizzato, all'apatia e alla diffusa mancanza di desiderio.

A ben guardare anche nell'episodio che ho richiamato c'è il senso di sospetto e di paura che ci pervade, ma c'è anche l'intervento di chi ha il coraggio di rischiare la sua stessa incolumità in difesa di un bene non suo, nel nome dell'orgoglio per la divisa, anche se in quel momento non la sta indossando. Perché quel gesto è simbolo di un'appartenenza che non termina con l'orario di lavoro.

Forse la chiave di volta per uscire dall'impasse in cui ci stiamo trovando può essere proprio l'orgoglio per ciò che siamo e per ciò che facciamo. In un momento storico in cui il lavoro ha perso valore, dobbiamo cercare di sottolineare il gusto per il lavoro ben fatto, il valore della difesa delle regole a sostegno del buon vivere civile. L'orgoglio per ciò che siamo, per quello che facciamo, per il futuro che vogliamo costruire.

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