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     n. 14 anno 2018

Jobs act: innalzamento delle indennità per il licenziamento illegittimo

di Angelo Zambelli

di Angelo Zambelli

Il diritto del lavoro si trova ad affrontare l'ennesima riforma in tema di licenziamenti.
Dopo il Collegato Lavoro del 2010, la Riforma Fornero del 2012 ed il Jobs Act del 2015, la materia è stata nuovamente modificata dal Decreto Dignità approvato il 2 luglio scorso - in via d'urgenza - dal neonato Governo.
Analizzando il testo del Decreto appare evidente come lo stesso non abbia in alcun modo stravolto l'impianto sanzionatorio stabilito dalla normativa previgente né modificato l'impostazione delJobs Act che, come noto, ha previsto in caso di accertata illegittimità dei licenziamenti una tutela principalmente indennitaria.
Di fatto, il Decreto Legge ha semplicemente aumentato del 50% i tetti minimo e massimo previsti all'art. 3, comma 1, del D.Lgs. 23/2015 per i c.d. nuovi assunti delle "grandi imprese" (ossia i dipendenti delle imprese con più di quindici dipendenti assunti a decorrere dal 7 marzo 2015), stabilendo che, laddove il dipendente abbia diritto ad una tutela meramente indennitaria, questa non potrà essere inferiore a 6 mensilità e, parimenti, non potrà superare 36 mensilità.
Tale innalzamento trova applicazione sia ai licenziamenti sforniti di giusta causa o giustificato motivo, sia ai casi di licenziamenti collettivi ritenuti illegittimi per violazione delle procedure previste agli artt. 4 e 24, L. 223/1991, nonché in caso di violazione dei criteri di scelta di cui all'art. 5, L. 223 citata.
Le modifiche al Jobs Act potrebbero pertanto apparire, ad una prima analisi, davvero minime, certamente e per lunghi anni con riferimento al suo tetto massimo.
Sennonché un esame attento del Decreto Legge in parola mostra come dallo stesso derivino - in realtà - importanti "effetti collaterali" in relazione sia all'«offerta di conciliazione» introdotta dal Jobs Act, sia all'indennizzo spettante ai dipendenti delle c.d. piccole imprese.
Con riferimento alla prima, occorre rilevare come se in precedenza l'offerta, quantomeno nel minimo previsto, aveva un ratio del 50% (senza considerare l'esclusione di carichi fiscali e contributivi) oggi è facile verificare che tale "incentivo" nella sua misura minima rappresenta non più del 33% di quanto ottenibile in giudizio (2 mensilità previste nel minimo contro le 6 introdotte dal Decreto Dignità).
Quantomeno fino a 3 anni di anzianità di servizio la finalità deflattiva del contenzioso che aveva condotto all'introduzione di tale forma di offerta conciliativarisulta certamente depotenziata.
Quanto alle "piccole imprese", le modifiche introdotte dal Decreto Dignità determinano - automaticamente - la variazione dell'indennizzo minimo previsto per i "neoassunti" in caso di licenziamento illegittimo.
In virtù delle modifiche introdotte dal Decreto Legge in esame, il minimo per i lavoratori delle aziende con meno di 15 dipendenti sarà di 3 mensilità (anziché di 2 come previsto sino ad oggi), restando di contro immutato ilcap di 6 mensilità, stabilito in maniera fissa.
In pratica, i "nuovi assunti" godranno di un'indennità superiore - nel minimo - a quella prevista dall'art. 8, L. 604/1966 (che, giova ricordarlo, è pari a 2,5 mensilità), mentre non vi sarà alcuna differenza circa la tutela indennitaria massima che continuerà ad essere - per "nuovi" e "vecchi" assunti - paria 6 mensilità: forse è questa l'unica categoria di lavoratori che con il Jobs Act "nuova maniera" ci ha realmente guadagnato rispetto a quelli assunti prima del 2015.
Sta di fatto che con l'entrata in vigore del Decreto Dignità i nuovi dipendenti delle "grandi imprese" avranno diritto ad una tutela indennitaria pari, nel minimo, a 6 mensilità: il che, sotto un mero profilo di costume, apparequantomeno curioso se si considera che prima dell'introduzione dello Statuto dei Lavoratori nel 1970 i dipendenti licenziati illegittimamente non avevano altra tutela se non quella indennitaria stabilita dalla L. 604/1966 che prevedeva, appunto, nel massimo 6 mensilità. In pratica, quello che 50 anni fa era la misura massima della tutela c.d. "obbligatoria" è divenuto oggi - a seguito delle modifiche introdotte dal Decreto Dignità - il minimo ottenibile in caso di licenziamento illegittimo.

Avv. Angelo Zambelli, Co-Managing Partner Grimaldi Studio Legale
 

 

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