hronline
     n. 4 anno 2023

Peak mind

autrice, Amishi P. Jha
recensione di Andrea Castiello d'Antonio

Astrolabio, 2022, pp. 288, € 24,00

La prima frase che si legge aprendo questo libro, sottotitolato Dodici minuti al giorno per imparare a padroneggiare l’attenzione, è folgorante: “Vi state perdendo il cinquanta per cento della vita. E non siete i soli: capita a tutti”. Se le prime parole di questa frase possono facilmente gettare nello sconforto, la seconda parte della dichiarazione che propone l’autrice può, invece, consolare, almeno un po’: non succede soltanto a me! E, in effetti, se ci guardiamo intorno, le persone che sembrano avere notevoli problemi a rimanere concentrate su uno specifico argomento, mi sembra che siano numerose; e non parliamo di giovani, ormai persi nelle tecnologie e nei device, ma di adulti, di senior, di persone che si sono formate in anni in cui si usava il telefono fisso e si ascoltava la musica sui dischi in vinile…
Dunque, il libro ruota intorno ai processi di attenzione. Un sistema, questo dell’attenzione, che è necessario per vivere, sia nella direzione di ignorare molti elementi della realtà esterna, sia in quella opposta, di dare spazio a ciò che può essere importante o, addirittura, vitale. La domanda concreta che l’autrice si pone fin dall’inizio è come fare a far funzionare al meglio l’attenzione e, con essa, altre funzioni mentali superiori come, ad esempio, la memorizzazione. Da ricercatrice, Amishi Jha ha studiato questo mondo utilizzando le attuali tecniche di rilevazione neurofisiologiche, ma ha anche applicato ciò che ha compreso nell’ambito di attività di formazione dirette a diverse tipologie di utenti, dai manager d’azienda ai militari.
Anche se parlare di scienza dell’attenzione appare un po’ eccessivo, è interessante notare come il saper gestire la propria attenzione può consentire di modulare sia il tempo sia lo spazio, senza contare il fatto che l’attenzione e la concentrazione sono implicate nei processi decisionali, nel problem solving, nell’anticipazione degli eventi, e così via. Sono cioè implicate in fondamentali funzioni manageriali e di leadership. Ma vanno sempre considerate le innumerevoli interferenze interne – cioè non ambientali – che possono minare l’attenzione, dal distress alle emozioni di depressione; e va, comunque, tenuto presente che tutti “siamo inclini alla distrazione e che il mondo intorno a noi sfrutterà implacabilmente questa debolezza” (p. 55). La buona notizia, supportata anche dalla constatazione della neuroplasticità del nostro cervello, è che l’attenzione può essere guidata, migliorata e sviluppata, ad esempio con la mindfulness – vedi il capitolo dal titolo Flessioni per la mente
Carichi di lavoro eccessivi, fatica, noia, attività ripetitive o all’opposto estremamente delicate e rischiose, possono condurre facilmente a errori, sviste e disaccoppiamenti percettivi, anche sulla base dei soliti meccanismi basati sugli stereotipi e sui pregiudizi. E ciò fa pensare a quanto sia illusorio pretendere nel mondo del lavoro di prestare attenzione, ad esempio, per otto ore pressoché consecutive di formazione, al chiuso di un’aula. 
Potrà sorprendere leggere che la divagazione mentale, il distrarsi, lungi dall’essere visto come un difetto della nostra mente emerge, al contrario, come una facoltà specifica e utilissima in numerose circostanze. Ciò che, invece, non va proprio bene è continuare a puntare, elogiandolo, sul multitasking: “siamo abituati a vivere in modalità azione: pensare e agire. La mindfulness svela una nuova modalità: notare, osservare ed essere” (p. 168) – alla frase circa la modalità azione, si potrebbe solo aggiungere che pecca di ottimismo: sarebbe già molto se, prima di agire, si pensasse…
Il testo è suddiviso in due ampie parti. La prima contiene i capitoli fondamentali che affrontano ogni aspetto dell’argomento, spaziando anche su terreni limitrofi. Si tratta di dieci capitoli, supportati da un nutrito apparato di note che è collocato al termine del libro e che, quindi, può essere consultato a discrezione del lettore. Con la seconda parte del testo si entra nella pratica, addirittura con un programma di auto-formazione scandito su diverse settimane – esattamente cinque settimane, dopo le quali chi vuole può procedere ad libitum. Comprensibile l’insistenza sulla pratica, se si pensa che tutti gli insegnamenti che provengono dalle, o hanno le basi nelle, dottrine orientali prevedono qualcosa che a noi occidentali, intellettualizzanti, può apparire strano, cioè appunto la pratica. Per capire e apprendere qualcosa di nuovo si deve … fare pratica! Qualcosa di molto distante (per fare un solo esempio) da ciò che accadeva nel nostro Paese in ambito scolastico, almeno fino a qualche tempo fa, quando si pretendeva di far apprendere la lingua inglese facendo studiare la letteratura inglese… in italiano!
Dunque questo richiamo di Amishi Jha a vivere nel mondo presente, nell’oggi, sviluppando la consapevolezza, appare senza dubbio necessario, così come appare importante la spinta che è impressa al lettore nella direzione di evitare di leggere soltanto, ma invece fermarsi e sperimentare ciò che propongono i diversi esercizi che puntellano la prima parte del libro. L’unico appunto critico a questo libro di Amishi Jha è in relazione alla grande quantità di aneddoti che l’autrice riporta, narrando momenti di vita – accademica, professionale, sociale e anche familiare – in cui ha sperimentato sulla sua pelle l’oggetto che in quel momento è in trattazione. La quantità di aneddoti, unita a uno stile non proprio sintetico, può paradossalmente mettere alla prova proprio l’attenzione e la concentrazione del lettore!
Merita, infine, spendere due parole sull’autrice che certamente non è particolarmente nota nel contesto italiano: Amishi P. Jha, si occupa fondamentalmente di sperimentazione in laboratorio intorno alle tematiche che vanno dai processi attentivi alla memoria, dalla cognizione alle emozioni che sono associate all’attivazione delle funzioni cerebrali superiori. Docente di psicologia presso la University of Miami e responsabile del Dipartimento di Neuroscienze Contemplative, pone al centro delle sue ricerche la mindfulness, impegnandosi attivamente nella proposizione di questi argomenti all’interno di corsi e programmi di formazione.

 

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