n. 15 anno 2023
Integrare una PMI in un gruppo multinazionale: meglio un HR temporary!?!
di Patrizia Sassoni
Non è infrequente che gruppi multinazionali acquisiscano PMI italiane di pregio, di matrice familiare e comunque con una forte presenza dell’imprenditore. La gestione equilibrata di due culture marcatamente agli antipodi raramente è facile e immediata, anzi, spesso genera reazioni di rifiuto verso il nuovo da parte delle persone più legate alla vecchia proprietà, che rappresentano il capitale umano che ha creato il successo dell’azienda. Una delle soluzioni spesso utilizzate è quella di inserire un Direttore HR Temporary, con gli obiettivi di facilitare l’integrazione dei due mondi e di trasferire competenze manageriali alla PMI acquisita affinché la stessa sia in grado, autonomamente, di implementare e gestire in maniera più “evoluta” le tematiche HR. Viene presentato, dalla manager HR che ha gestito il progetto, il caso di un gruppo francese.
Da un lato una multinazionale: organizzazione puntuale, procedure definite, mentalità di ampio respiro, linguaggio “di chi conosce il mondo”, professionalità costruite su più mercati e attraverso esperienze variegate, idioma comune l’inglese.
Dall’altra una realtà del medesimo settore ma di stampo padronale, ambiente familiare, organizzazione flessibile e “compensativa”, processi semplici, linguaggio di chi vive restando nei confini del nostro Paese, lunga permanenza di impiegati/manager nella stessa azienda, professionalità costruite sulla fedeltà allo stesso marchio, si parla italiano.
Ogni peculiarità indicata nei due precedenti paragrafi ha una valenza positiva, sempre mirata al risultato aziendale e capace di raggiungere gli obiettivi che rendono un’azienda un’azienda di successo. Ma diverse. E quando si è diversi, quando in una relazione ci confrontiamo partendo da esperienze differenti, quando a un tavolo sediamo dalla parte opposta all’altro soggetto è inevitabile che i nostri filtri percettivi ci facciamo intravedere un mondo anche opposto a quello visto da chi sta “dall’altra parte”, ma da chi è comunque il nostro partner relazionale: è nel disegno della fisica il fatto che da un diverso lato del tavolo vediamo un’immagine diversa, e a volte capovolta, rispetto all’altro.
E allora per capirci – condizione essenziale affinchè si possa creare un valore aggiunto da una situazione siffatta, affinchè uno più uno faccia + 3 e non – 2, qual è la strada da intraprendere?
Abbiamo detto che i nostri filtri percettivi ci possono mostrare una realtà anche opposta a quella dell’altro: un buon inizio è capire che la nostra mappa del mondo non è il mondo, che la nostra percezione di realtà non è la realtà nella sua interezza. Il nostro posto al tavolo: è impossibile alzarci dalla sedia e andare a sedere al posto dell’altro e “vedere cosa si vede da lì”? No, forse difficile, magari impegnativo, ma non impossibile.
Ma…. Abbiamo sempre fatto così…. Abbiamo sempre visto il mondo così…. E abbiamo ottenuto ottimi risultati.
E se arrivasse un temporarymanager, o meglio un Temporary Manager HR (di seguito TM), qualcuno che ha conosciuto sia l’ambiente multinazionale che quello padronale, sia la grande azienda che la PMI? Un soggetto esterno, non coinvolto emotivamente (perché questo è il problema dominante nella situazione), capace di dialogare con professionisti di estrazione differente?
E’ una soluzione alla quale sono stata interessata e che nell’arco di un anno ha condotto, grazie all’impegno di questi due apparentemente opposti “universi mondo”, a risultati brillanti sia dal punto di vista aziendale che del benessere personale. L’impegno dei singoli ha fatto la differenza, il TM è stato il facilitatore di questo percorso.
Nel caso che sto descrivendo l’impegno del TM è stato speso in maniera preponderante sulla parte italiana che, come sempre accade quando si è “acquisiti” (non è un termine particolarmente elegante, dacchè stiamo parlando di persone, ma nascondersi dietro a un dito non serve mai a nulla) era quella maggiormente in sofferenza.
Le procedure/policy? Talune sono state ereditate “tali e quali”, ma la maggior parte sono state studiate e editate nel pieno rispetto delle attese della Società che ha acquisito ma con una forte attenzione alla realtà nella quale andavano a calarsi, affinché non si pretendesse che “una taglia 46 indossasse una 40, o viceversa”. Nel primo caso si “scoppia” nell’abito e lo si lacera, nella seconda l’abito casca per terra. Non sembrerebbe essere un buon risultato per cui d’accordo per il modello, ma la taglia deve essere la mia. E’ stato uno di quei casi in cui si è potuto affermare che la vita è l’arte del compromesso.
La mentalità internazionale? Il principio ispiratore è stato quello della salvaguardia della propria identità, senza però dimenticare che nessuno di noi è un’isola a sé stante. D’accordo con la nuova proprietà abbiamo quindi immaginato un arcipelago dove le isole fossero collegate in modo da poter passare dall’una all’altra senza dover viaggiare via mare. Ponticelli, poi ponti, poi strade ferrate…. Bidirezionali. Abbiamo costruito, e così abbiamo potuto viaggiare senza rischiare il mare aperto. Incontri, conoscenza “fisica” delle reciproche realtà (virtuale è comodo, ma fisico è bello) per cui viaggi da “un’isola all’altra”, e il programma del viaggio prevedeva riunioni, incontri con tanti ma soprattutto con chi, dall’altra parte, gestiva la medesima problematica, pranzi e cene, e confronto, confronto, confronto: fammi vedere come fai tu, perché lo fai così, cosa hai bisogno di avere da me, come posso aiutarti. Con queste quattro domande e l’onestà intellettuale delle parti l’ostacolo è superato per definizione. Naturalmente, dirlo è di una semplicità disarmante, farlo è davvero impegnativo: non facile fare le domande, forse più semplice dare le risposte. Ma qual è la parola chiave del processo domanda/risposta? FIDUCIA. E’ necessario credere nell’altro, e come soggetto singolo e come azienda. Ma se il TM è partito con una buona analisi dei ruoli e delle mansioni, ha intervistato con la dovuta attenzione, cura e rispetto i collaboratori e ha colto da questa prima fase del suo impegno i punti di forza e le fragilità, le motivazioni e le paure… la strada corretta appare sulla cartina e non resta che percorrerla.
„Strabismo strategico„ (Salvatore Tomaselli, Università di Palermo, nella tappa siciliana del roadshow AIDP ANDAF IIM 2020-2022) è l’espressione che sa davvero descrivere l’approccio “che chiude il cerchio” della storia scritta dal TM nel suo intervento. La capacità cioè di gestire il quotidiano preparando contemporaneamente „l’impresa per il futuro„ con l’affiancamento al/alla “professionista che verrà”, e cioè al manager permanent che saprà presidiare l’area HR quando il TM avrà concluso l’attività per la quale è stato inserito in azienda. Guardando da un lato i problemi che sono sul tavolo oggi, e che oggi pretendono di essere gestiti e risolti, e dall’altro quelli che si presenteranno domani, quel domani in cui la scrivania che il TM occuperà sino a una scadenza prefissata sarà assegnata a chi assumerà definitivamente il ruolo. Una visione doppia: oggi, mentre sono qui, domani, quando sarò altrove.
Quale “ruolo nel ruolo” assume allora il TM? L’esperienza vissuta mi suggerisce termini quali organizzatore, facilitatore, coach. Nel caso in esame questo impegno è stato profuso, come credo sia naturale evincere, nell’ambito della azienda acquisita, quella che “ha casa” in Italia. Con la capacità, da parte di chi scrive, di confrontarsi e mai imporsi con l’HR Manager che si prepara a vivere il suo futuro professionale in questa azienda, che non deve mai sentirsi imbrigliato in idee che non sono le sue, ma che ha invece l’opportunità di potersi avvalere di un professionista che sta fornendo un servizio che gli consente di iniziare a operare in un contesto in cui determinati ostacoli sono già stati rimossi, determinate attività già costruite e avviate… un libro la cui prefazione è già stata redatta. Così da permettere al permanent manager di fronteggiare con maggiori “armi” la gestione del futuro. Nell’esperienza vissuta e oggi raccontata si è avuta l’opportunità, grazie ad un intelligente processo di selezione promosso dalla Direzione aziendale, di inserire una professionista capace di fare proprio, pur non tralasciando un “eventuale problema di taglia” – e qui rimando a uno dei paragrafi precedenti – tutto il lavoro commissionato dall’Azienda al TM. La parte finale del progetto è stata gestita in modalità part time/fractional per consentire all’azienda di metabolizzare su un arco temporale più lungo le novità introdotte e alla manager permanent un adattamento graduale alla nuova realtà.
Quali dunque le ragioni del successo dell’intervento? Mi piace non rispondere, e lasciare a ogni mio “prezioso, molto prezioso” lettore, il trarre le proprie conclusioni..
E ci voleva proprio un temporary… fuori dai giochi emotivi che, in momenti così delicati, inevitabilmente accompagnano chi è in organico all’azienda, . NB: riconosco alla parola “gioco” la stessa serietà e importanza che alla stessa donano i bimbi. Dai quali noi manager… abbiamo molto da imparare. Il perché?... se mi verrà data un’altra occasione… in un altro articolo.
Patrizia Sassoni – Temporary & Fractional HR Director