n. 19 anno 2024
La doppia realtà del lavoro
di Gabriele Gabrielli
Si prova sconcerto a leggere le storie che raccontano di come si lavori in alcuni contesti organizzativi del tessuto produttivo del paese.
Contesti nei quali i diritti del lavoro, quelli che abbiamo ereditato dal Novecento (“il secolo del lavoro”, lo ha chiamato Aris Accornero) sembra siano inesistenti, sistematicamente violati, messi ai margini e brutalmente calpestati. Come non può colpire quanto sta accadendo a Prato per esempio dove si lotta – leggiamo in un articolo di stampa che ne parla (il Manifesto, 10 ottobre 2024) - "per il diritto di lavorare con dignità 40 ore a settimana, invece che 12 ore al giorno sette giorni su sette, e contratti regolari"? Picchetti di operai pakistani che vengono assaltati e minacciati, minacce in un distretto nel quale sta nascendo un movimento di lotta di “Operai che chiedono l’applicazione di contratti regolari e orari di lavoro dignitosi”.
Anche nel ferrarese ci sono picchetti in alcune aziende per difendere il lavoro e respingere licenziamenti di centinaia di lavoratori perchè un’impresa multinazionale ha deciso di chiudere lo stabilimento per delocalizzare la produzione in India e in Cina. Probabilmente per la solita rincorsa a cercare luoghi dove il costo del lavoro è più basso e si possono fare maggiori margini. Che si può fare? Qualcuno risponde: niente, perché questa è la logica del capitalismo neoliberista che persegue solo la massimizzazione dei profitti in un mercato libero. Una tesi molto lontana però dalle istanze della sostenibilità che ritiene invece che non debba essere questo il solo driver dell’impresa, ma anche altri. Un paradigma, quello della sostenibilità, che sfida tutte le industrie a realizzare benessere per molti, a cambiare modelli di business per rispettare l’ambiente, a porsi l’obiettivo di una performance economica compatibile.
L’impresa è disponibile a seguire questa trasformazione economica, ma ancora prima etica-culturale? Non sempre, a leggere queste storie piuttosto viene da domandarsi quanto siano diffusi nella nostra economia comportamenti che ledono i diritti del lavoro e dei lavoratori.
La loro crudezza però viene silenziata da quanto si narra nel diverso circuito dove corrono le imprese che raccontano - con abbondanza di uso di mezzi mediatici e di partecipazioni a talk, convegni e premi su misura– storie di «lavoro sostenibile» nelle quali regna la cura e il rispetto, nelle quali la persona è al centro delle preoccupazioni dell’impresa e del suo management. In questo circuito corrono anche i rating ESG che contribuiscono a generare una diversa realtà, quella nella quale le imprese “fanno a gara” per comportarsi in modo sostenibile, altrimenti non ci sarebbero investitori disposti a scommettere su di esse.
Qual è la realtà, quella del primo circuito dove si lotta per non rimanere distrutti da un lavoro opprimente e senza diritti e dalla avidità di imprenditori che per fare più profitto scappano altrove sfruttando la povertà di altri, oppure quella dei palcoscenici ben allestiti e delle vetrine dove il nuovo business della “sostenibilità da esibire” va in scena?
Qual è la realtà dell’economia e del lavoro del nostro paese, la prima o la seconda?
Difficile dirlo, di certo l’una e l’altra. Può legittimamente sorgere il dubbio però che quella che viene raccontata a gran voce e talvolta con grande orgoglio sia solo l’economia di superficie, quella che nell’immagine dell’iceberg nasconde sotto di essa una realtà molto più estesa che non appare, la cui narrazione avrebbe ben altri contenuti e sarebbe probabilmente anche fastidiosa.
Voglio chiudere questa insolita riflessione ricordando una vicenda narrata a suo tempo per lo scandalo creato dal fatto che un’impresa, la ex GNK di Campi Bisenzio di proprietà di un fondo britannico, aveva licenziato i suoi 400 dipendenti semplicemente con una mail e senza alcun preavviso. La vicenda aveva scandalizzato e interessato molto anche per gli aspetti giuslavoristici. Era il luglio 2021. Ebbene, che fine hanno fatto i lavoratori? Anche questa è una storia poco narrata, i dipendenti e il territorio sono ancora lì a lottare per il lavoro, hanno trasformato l’impresa in un laboratorio permanente – ora all’attenzione anche delle istituzioni e della Regione Toscana, per costruire – si legge nel sito di fanpage.it – “piani di reindustrializzazione della fabbrica in senso ecologicamente sostenibile, prevedendo la produzione di pannelli fotovoltaici e di cargo bike per la logistica di prossimità. Un piano industriale scritto dagli operai e da economisti, giuristi, scienziati sociali e ingegneri che hanno messo le loro competenze a disposizione della vertenza”.
All’assemblea dei lavoratori di qualche giorno fa ha partecipato anche Greta Thunberg. Strano? Perché dovrebbe esserlo? In verità lavoro, ambiente, economia non possono essere lette in contrapposizione, tutt’altro. La sostenibilità indica la strada per riconciliare queste dimensioni.
Gabriele Gabrielli
Coach e consulente è Founder e Ceo di Studio Gabrielli Associati Srl e di People Management Lab S.r.l Società Benefit e BCorp certificata. Ideatore e presidente della Fondazione Lavoroperlapersona ETS, è professore a contratto di Organizzazione e gestione delle risorse umane all’Università Luiss Guido Carli e di Remunerazione e gestione delle risorse umane all’Università Europea di Roma dove è anche direttore del Master di 1^ livello in Sustainable HRM. I suoi lavori più recenti sono: Ridisegnare il lavoro, 2022; Rigenerare la dignità del lavoro, 2023 e La società tra prestazione e relazioni, tutti per l’editore Franco Angeli.