n. 21 anno 2024
L’impatto dell’IA sul mondo del lavoro: una sfida o una distruzione?
di Donatella Carriera
L’intelligenza artificiale (IA) sta rivoluzionando il mondo del lavoro in modi che solo pochi anni fa sembravano fantascienza. Questa trasformazione, sebbene porti con sé numerose opportunità, solleva anche importanti questioni etiche e sociali.
Si tratta di una rivoluzione senza precedenti che sfida il mondo del lavoro e ci offre a un ripensamento del rapporto tra l’uomo e la tecnologia soprattutto rispetto alle competenze che consentiranno di giocare il futuro dell’intelligenza artificiale.
La sfida odierna è molto importante soprattutto per chi governa le aziende le imprese sia a livello di management sia a livello apicale in quanto si tratterà di interpretare ed indirizzare i cambiamenti che stanno interessando il sistema occupazionale, non solo nel nostro Paese ma nel mondo, con un atteggiamento positivo rispetto agli effetti dell’avvento dell’intelligenza artificiale sul mondo del lavoro.
Molti esperti guardano all’intelligenza artificiale come ad un’innovazione in grado di apportare evidenti benefici, soprattutto a partire dalla creazione di nuove competenze e opportunità occupazionali.
Un recente studio effettuato dal Centro Studi Consulenti del Lavoro rilasciato a maggio 2024, ha rilevato dei dati molto interessanti dal punto di vista del sentiment sull’argomento.
Un campione di 116 testimoni privilegiati, selezionati tra istituzioni dell’Università mondo della ricerca, parti sociali e del lavoro ha offerto la Vision sull’impatto che l’intelligenza artificiale potrà avere sul mondo del lavoro.
Tra i vari dati emersi ci sono alcuni significativi meritevoli di evidenze.
È significativo che il 66,7% degli intervistati, pensa che con l’avvento dell’intelligenza artificiale, i livelli occupazionali resteranno stabili, creando nuovi posti di lavoro, sebbene se ne perderanno altri al tempo stesso. Essi guardano all’intelligenza artificiale come ad un’innovazione in grado di apportare dei grandi ed evidenti benefici, a partire dalla creazione delle nuove competenze e dunque delle opportunità occupazionali tra le quali evidenziano quelle derivanti dall’intelligenza artificiale.
Il 47% del campione ha evidenziato che con l’applicazione dell’intelligenza artificiale potrà esserci un aumento della produttività aziendale con ricadute positive anche sui livelli salariali e la qualità del lavoro prodotto dai lavoratori (45,3%).
Molta importanza tuttavia è stata data dagli intervistati (34,2% del campione) al giovamento che, l’intelligenza artificiale potrà avere sulla sicurezza dei lavoratori e sulla gestione delle politiche del personale che comunque potrebbero migliorare utilizzando a supporto nuove applicazioni.
Ma la sfida importante è quella che si gioca sulle competenze soprattutto rispetto a quelli che sono i rischi che l’intelligenza artificiale può avere sul sistema prendendo proprio in considerazione alcuni indicatori tra i quali, l’obsolescenza delle conoscenze, l’esigenza del reskilling di una platea molto vasta di lavoratori, dell’affidabilità legate al funzionamento vero e proprio dei sistemi di intelligenza artificiali e l’impatto che questi potrebbero avere in termini di privacy o di scelte discriminanti o non corrette.
Il Campione intervistato comunque si mostra molto preoccupato sulla disuguaglianza che potrebbe essere generata dall’applicazione dell’intelligenza artificiale all’interno del mercato del lavoro escludendo così i lavoratori più anziani o comunque coloro che sono ancora poco digitalizzati.
Nei prossimi cinque anni la diffusione dei sistemi di intelligenza artificiale nella gestione delle risorse umane sarà molto importante e molto presente nelle aziende ma è chiaro che dovranno essere attenzionate tutte le misure che impattano sui rischi poiché si tratta certamente di connettere automazione e nuove opportunità tenuto conto che uno degli effetti più evidenti dell’intelligenza artificiale è l’automazione di molte attività lavorative.
Secondo un report del World Economic Forum, l’intelligenza artificiale potrebbe eliminare oltre 85 milioni di posti di lavoro entro il 2025, ma ne creerà altri 97 milioni. Questo cambiamento richiede una riqualificazione della forza lavoro, con un’enfasi sulle competenze digitali e tecniche.
Ma non solo.
Si pensi ad esempio alla questione sulla privacy, benché disciplinata dal legislatore europeo e da quello italiano, in maniera puntuale, i rischi di trattamenti illeciti effettuati con l’utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale anche all’interno dell’HR potrebbero aumentare, e dunque, si dovranno sempre più mitigare, adottando misure che passano per la forte formazione di coloro che utilizzano determinate applicazioni e di tutti i dipendenti a cascata.
La tecnologia deve essere interpretata in chiave di crescita sociale ed etica sostenibile e questo si potrà fare inserendo nelle aziende, anche in quelle più piccole, codici etici e linee guida che supportano tutti i lavoratori indipendentemente dal contratto di lavoro e del rapporto che hanno con l’azienda, al fine di essere formati ed informati sui rischi e sulle opportunità che derivano dall’utilizzo dell’intelligenza artificiale.
Certamente l’intelligenza artificiale rappresenta una grande scommessa per il mondo del lavoro.
Se ci pensiamo la successione delle innovazioni degli ultimi anni ha dimostrato che i percorsi di adattamento del lavoro alle tecnologie sono sempre molto complessi e che comunque tutto questo impatta sulle “resistenze” del capitale umano nelle aziende che non sempre è preparato pronto ed interessato ad accettare i cambiamenti.
Sarà certamente la formazione, in tutte le sue declinazioni, a rappresentare la dimensione centrale e cognitiva dell’evoluzione e dello sviluppo nell’intelligenza artificiale all’interno delle aziende verso un orizzonte socialmente sostenibile attraverso una serie di innovazioni che risponderanno alle sfide del futuro.
Tutto ciò sarà possibile mettendo in atto una serie di “atteggiamenti” e attività aziendali tipiche dell’evoluzione dei modelli organizzativi:
- attraverso supporto e l’aggiornamento dei lavoratori che a vari livelli saranno chiamati a confrontarsi con un nuovo modo di lavorare e dunque saranno centrali e fondamentali le competenze digitali e tecnologiche ma anche le nuove conoscenze in campo umanistico, giuridico e sociologico per accompagnare l’integrazione di nuovi modelli di lavoro verso un uso etico;
- attraverso una garanzia del sistema di competenze di cui l’intelligenza artificiale ha bisogno per avviare e sviluppare i processi che riguardano l’innovazione delle imprese tenuto conto che ancora oggi l’Italia sconta un ritardo tecnologico nella digitalizzazione del capitale umano che ovviamente deve essere colmato attraverso la formazione non mettendo ancora il rischio la competitività del sistema Paese;
- Infine è necessario individuare e formare le competenze del futuro cioè tutte quelle che saranno imprescindibili in un mondo del lavoro in cui il capitale umano sarà sempre più chiamato a confrontarsi con tutti i sistemi di intelligenza artificiale che potranno sostituire numerose attività e che chiederanno allo stesso tempo una capacità di adattamento di relazione e di apprendimento anche in una maniera diversa da ciò che fino ad ora conosciamo.
Le questioni etiche e sociali
Nonostante i benefici, che evidentemente l’intelligenza artificiale può certamente apportare e apporterà nelle aziende, in molti sollevano alcune questioni che impattano sull’intelligenza artificiale dal punto di vista etico, in maniera significativa.
Questo elemento è particolarmente distruttivo se vi vede l’intelligenza artificiale come un Robin Hood che ruba qualcosa a qualcuno per darlo ad altri. È il caso infatti di un pensiero che mira alla sostituzione dei lavoratori umani con le macchine portando a disuguaglianze economiche e sociali. Da ciò, l’esigenza fondamentale che i governi e le aziende lavorino insieme per garantire una transizione equa, investendo in programmi di formazione e supporto per i lavoratori colpiti.
Tuttavia, a parere di chi scrive, si tratta di una teoria pessimistica che non tiene conto che l’implementazione dell’intelligenza artificiale all’interno delle aziende non può prescindere l’uomo, in nessun processo aziendale, nemmeno in quello più automatizzato. L’uomo sarà la garanzia del funzionamento.
In conclusione l’intelligenza artificiale non è solo un fattore di disruption, ma potrebbe diventare un catalizzatore per un ripensamento radicale del rapporto tra individuo, lavoro e società. Le competenze umane come il pensiero critico, la creatività e l’intelligenza emotiva diventeranno ancora più preziose in un mondo dominato dall’IA.
Dunque, l’impatto dell’intelligenza artificiale sul mondo del lavoro è complesso e multi sfaccettato, poiché offre enormi opportunità per migliorare la produttività e l’innovazione, ma richiede anche una gestione attenta delle sfide etiche e sociali. Per le nuove generazioni, comprendere e navigare questa trasformazione sarà cruciale per il successo professionale e personale.
Donatella Carriera, Consulente Strategica Aziendale e Giornalista