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     n. 23 anno 2024

I diversi orientamenti della giurisprudenza in tema di attività svolta durante la malattia

di Marcello Floris

di Marcello Floris

Il licenziamento durante il periodo di malattia è stato oggetto di due recenti contemporanee pronunce della Cassazione,entrambe emesse in data 5 settembre 2024 numero 22793 e 23852.

L’ordinanza n. 22793 del 5 settembre 2024

Con la prima ordinanza, la Corte ha ritenuto che non sia sufficiente il pedinamento da parte dell’investigatore privato per licenziare un lavoratore che si rechi durante il periodo di malattia a svolgere attività non lavorative, anche ludiche, in orari non coincidenti con le fasce di reperibilità. 

È invece indispensabile la visita medico fiscale, perché diversamente mancherebbe la prova che la patologia sia simulata e dunque che il dipendente sia in malafede.

La pronuncia è fondata sul consolidato orientamento della Cassazione secondo cui lo svolgimento di altre attività durante l'assenza per malattia non comporta automaticamente la lesione irrimediabile del vincolo fiduciario. Occorre invece dimostrare che la condotta del lavoratore sia tale da pregiudicare o ritardare il rientro in servizio, oppure che la malattia sia simulata.

Secondo l’ordinanza in commento, la sentenza impugnata ha valutato le prove nell’ambito dei principi di diritto sopraindicati ed ha correttamente ritenuto non provata dal datore di lavoro la giusta causa di recesso. Le attività compiute dalla lavoratrice sono di per sé stesse insufficienti a dimostrare la simulazione della malattia stessa. Pertanto, anche se lo svolgimento di differenti attività da parte del dipendente durante lo stato di malattia può configurare la violazione di doveri generali di correttezza e buona fede, non necessariamente esso basta a far presumere l'inesistenza della malattia né, in relazione alla natura delle patologie e delle mansioni, può pregiudicare o ritardare la guarigione o il rientro in servizio. Su questa base - in assenza di accertamento medico - il licenziamento è stato ritenuto illegittimo.

Precedenti giurisprudenziali conformi

Già in passato la Cassazione con la sentenza n. 6047/2018, aveva chiarito che il lavoratore assente per malattia non deve necessariamente astenersi da ogni altra attività, anche di intrattenimento, purché compatibile con lo stato di malattia e conforme all'obbligo di correttezza e buona fede gravante sul lavoratore di adottare cautele affinchè cessi quanto prima lo stato di malattia.

Altra pronuncia che ha aderito a questo orientamento è quella del Tribunale di Arezzo, sez. lav., del 7 marzo 2023 n. 64 che così ha statuito: “In tema di licenziamento, è illegittimo quello di un dipendente che sia assente presso la propria abitazione, seppur in malattia, nel caso in cui il controllo venga effettuato fuori dagli orari di reperibilità previsti per la visita fiscale. Il Tribunale stabiliva che la condotta adottata dal dipendente, non aggravando la sua patologia, non poteva considerarsi come una contravvenzione agli obblighi previsti in caso di malattia, non potendo pertanto essere licenziato per giusta causa.” Il caso era quello di un dipendente che assisteva ad una partita di calcio mentre si trovava in malattia.

Sempre la Corte di Cassazione ha recentemente puntualizzato che “non sussiste nel nostro ordinamento un divieto assoluto per il dipendente di prestare altra attività, anche a favore di terzi, in costanza di assenza per malattia. Tuttavia, il compimento di altre attività da parte del dipendente assente per malattia non è circostanza disciplinarmente irrilevante ma può anche giustificare la sanzione del licenziamento, in relazione alla violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifichi obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà, sia nell’ipotesi in cui la diversa attività accertata sia di per sé sufficiente a far presumere l’inesistenza dell’infermità, sia quando l’attività stessa sia tale da pregiudicare o ritardare, anche potenzialmente, la guarigione e il rientro in servizio del lavoratore” (Cass. civ., sez. lav., ordinanza del 6 maggio 2024 n. 12152).

Ordinanza 23852 del 5 settembre 2024

La seconda pronuncia, n. 23852, è giunta a conclusioni opposte, in una fattispecie simile, ma non identica. La Corte ha ritenuto che possa essere licenziato il lavoratore che fa sport durante il periodo di malattia, specie se partecipa ad un torneo, programmato già da tempo. La Corte in particolare ha stigmatizzato non solo la simulazione della patologia, ma anche la premeditazione dell'inganno al datore di lavoro attuato con la richiesta del congedo mediante certificato medico al fine di non mancare alla competizione. Conformemente alle norme procedurali, la valutazione della gravità e proporzionalità della condotta rientra nel potere valutativo del giudice di merito. In tale contesto, l’ordinanza ha stabilito che lo svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente durante la malattia può configurare la violazione degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà oltre che dei doveri generali di correttezza e buona fede. Ciò può verificarsi sia nell'ipotesi in cui l'attività esterna sia di per sé sufficiente a far presumere l'inesistenza della malattia, sia anche nel caso in cui la stessa attività valutata in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte possa effettivamente pregiudicare o ritardare la guarigione e il rientro in servizio. 

Con valutazione confermata dalla Cassazione, i giudici in merito hanno ritenuto la condotta addebitata fosse di tipo artificioso in violazione degli obblighi indicati, perché finalizzata, tramite la simulazione di uno stato fisico incompatibile con lo svolgimento dell'attività lavorativa, non solo all'ingiustificata assenza del lavoro, ma anche al vantaggio indebito della partecipazione in orario di lavoro a un evento sportivo già programmato implicante uno sforzo fisico notevole. 

Precedenti giurisprudenziali conformi

In altro caso simile anche il Tribunale di Roma ha sancito che “Lo svolgimento di attività extralavorativa durante il periodo di malattia non può che ritenersi contrastante con gli obblighi di correttezza, lealtà e diligenza gravanti sul prestatore di lavoro, non solo quando è prova della simulazione dello stato di malattia o quando tale da pregiudicare la ripresa fisica del dipendente, ma altresì se idoneo a determinare sospetto e disagio negli altri dipendenti, oltre che in coloro che sono comunque a conoscenza della contestuale e perdurante assenza per malattia del lavoratore, integrando in tal modo una grave lesione all'immagine della datrice di lavoro” (Trib. Roma, Sez. lavoro, sentenza del 3 aprile 2023, n. 3487).

Da qui la conferma del licenziamento: il compimento di altre attività da parte del dipendente assente per malattia non è dunque circostanza disciplinarmente irrilevante, ma può anche giustificare la sanzione del licenziamento.

Infine sono ritenuti legittimi gli accertamenti investigativi del datore di lavoro, oltre alle verifiche sanitarie, volti a dimostrare l’insussistenza della malattia del lavoratore. “Le disposizioni dell’art. 5 dello Statuto dei Lavoratori, che vietano al datore di lavoro di svolgere accertamenti diretti sulle infermità per malattia o infortunio, non impediscono allo stesso di affidare a terzi la verifica di circostanze di fatto indicative dell’insussistenza della malattia o della sua non idoneità a determinare uno stato d’incapacità lavorativa rilevante e, quindi, a giustificare l’assenza dal lavoro” (Cass. civ., sez. lav., ordinanza del 2 agosto 2024 n. 21766).

 

Marcello Floris | Executive Partner | Co-Head Employment and Pensions (Italy) | Eversheds Sutherland

 

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