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     n. 23 anno 2024

L’Employee Experience nell’era dell’AI

autore, Rosario Sica
prefazione di Federico Frattini

La vita professionale e personale di ciascuno di noi è stata segnata, negli ultimi quarant’anni, da una serie di discontinuità che ha caratterizzato l’evoluzione del computing. Stiamo entrando, con una maggiore velocità rispetto a quanto ci potessimo immaginare, nell’era dell’everyday AI, in cui la Generative AI giocherà un ruolo determinante e pervasivo nelle organizzazioni (Gartner, 2023a).
L’affermarsi di questo nuovo paradigma rivoluzionerà le fonti di vantaggio competitivo delle imprese, e altererà profondamente il modo in cui il lavoro al loro interno viene portato avanti, oltre ad avere impatti tangibili nella vita privata di ognuno di noi.
E' ormai noto che la Generative AI è e sarà sempre più in grado di superare le capacità dell’uomo nello svolgere una serie di compiti specifici, grazie alle sue capacità di semplificazione e di accelerazione dei processi di elaborazione dei dati, tra cui l’analisi di documenti, la raccomandazione e la generazione di contenuti, il monitoraggio e la verifica delle performance di sistemi complessi.
Ciò produrrà uno spostamento del focus dell’azione umana nelle organizzazioni verso compiti caratterizzati dalla necessità di identificare soluzioni inaspettate a problemi complessi, di proporre connessioni nuove tra idee e concetti tradizionalmente distinti. Attività che sono il cuore e l’essenza dei processi di innovazione, specialmente di quelli disruptive.
Tuttavia, anche nei processi di innovazione la Generative AI è in grado di offrire un supporto sostanziale all’uomo, consentendogli di liberare il suo potenziale creativo. Pensiamo per esempio alle applicazioni che permettono di testare il product-market fit di un’idea di innovazione attraverso l’impiego di utenti sintetici, oppure di valutare il grado di innovatività di un’idea di business attraverso l’analisi sistematica delle informazioni disponibili sul web.
Questo evidenzia la necessità di concepire e gestire la Generative AI come un complemento all’intelligenza umana. La sfida che abbiamo di fronte è quella di ricercare un equilibrio e un bilanciamento tra le diverse forme di intelligenza che coesistono nelle organizzazioni.
Il tratto che mi preme evidenziare di questa transizione verso un nuovo paradigma di intelligenza collaborativa è l’enorme quantità di mezzi, estremamente potenti, che la Generative AI ci mette a disposizione per raggiungere i risultati più ambiziosi nelle organizzazioni in cui lavoriamo. Questo rende ancora più attuale il monito implicito nel pensiero del filosofo francese Paul Ricoeur, che affermava come si viva in un’epoca contraddistinta da una bulimia di mezzi e un’anoressia di fini. La Generative AI ci mette a disposizione ancora più mezzi per perseguire gli obiettivi della nostra organizzazione, e questo richiede ancora più consapevolezza in merito ai fini per cui ce ne serviamo.
A mio avviso, la vera sfida che abbiamo di fronte nell’era dell’everyday AI consiste proprio nello sviluppare la capacità prettamente umana di saper generare degli scopi che abbiano un significato profondo per le persone che vivono nelle nostre organizzazioni. Tanto più il nostro potenziale di agire viene amplificato dalla Generative AI, tanto più questa sfida diventa cogente.
Questa considerazione pone al centro del dibattito sulla Generative AI il concetto di Purpose, che ha recentemente trovato grande spazio nella letteratura e nel dibattito manageriale (Gulati, 2022).
Il concetto di Purpose ha due radici etimologiche che ci aiutano a comprenderne il vero significato. Innanzitutto, il termine greco telos che, secondo Aristotele, rappresenta il «fine», lo «scopo» ultimo di ogni essere vivente, e definisce ciò che è virtuoso e ciò che non lo è. Da questo punto di vista, il Purpose rappresenta una «bussola morale», che orienta le azioni di ognuno di noi. Inoltre, il Purpose ha origine dal verbo francese purposer, che potremmo tradurre con «anteporre». Da questa prospettiva, il Purpose rappresenta la «funzione di prioritizzazione» delle nostre azioni, ci indica ciò che viene prima di ogni altra cosa, e che quindi noi anteponiamo a ogni altra azione o decisione.
Il Purpose è quindi lo scopo ultimo di una nostra azione, il fine che ci porta a intraprenderla, il suo significato più profondo che orienta i nostri sforzi e ci aiuta a comprendere ciò che è «giusto» rispetto a ciò che non lo è.
I Purpose che stanno alla base del nostro comportamento nelle organizzazioni possono avere delle qualità molto differenti. E' utile distinguere in questo senso tra Purpose espansivi e limitati. I primi sono degli scopi deliberati, scelti consapevolmente, condivisi, orientati verso l’altro, ambiziosi e di lungo termine. I secondi hanno invece delle caratteristiche opposte, sono imposti, dati per scontati, non consapevolmente scelti, orientati verso noi stessi, e di breve termine. La ricerca nell’ambito della psicologia (Frankl, 2011) ci mostra come dei Purpose espansivi generino, nelle persone che li vivono e sperimentano, un livello molto più alto – rispetto ai Purpose limitati di ingaggio, energia, creatività, soddisfazione e benessere.
Ogni manager ha la possibilità (e, credo, la responsabilità) di generare – per sè, per il proprio team, e per la propria impresa – dei Purpose espansivi che offrano una piattaforma di senso profondo per i propri collaboratori e orientino i loro comportamenti verso direzioni che abbiano un significato e che producano energia, soddisfazione e benessere.
Non dimentichiamo che un’organizzazione contraddistinta da una diffusa capacità manageriale di generare dei Purpose espansivi gode oggi di un enorme differenziale competitivo (Gartenberg, 2023; Gartenberg et al., 2019). Essa beneficia di un maggior livello di employee motivation e retention, di una più elevata brand loyalty, è in grado di dare vita a relazioni più profonde e durature con i propri stakeholder e di realizzare con successo processi di trasformazione e innovazione del proprio business. Ormai sono molteplici gli esempi di imprese che hanno sperimentato questi benefici del Purpose, tra cui Microsoft, Belron, Nike, Southwest Airlines, Disney e molte altre.
Diventa quindi chiave per ogni manager sviluppare le proprie capacità di plasmare, generare e condividere dei Purpose espansivi nel proprio lavoro, ed è fondamentale farlo oggi poichè abbiamo bisogno di scopi profondi e consapevoli per dare un senso ai nostri usi e alle nostre applicazioni della Generative AI.
Come si fa ad allenare questa capacità manageriale oggi fondamentale? E' una sfida complessa, poichè si tratta di abilità che non si apprendono dal punto di vista cognitivo, ma attraverso l’esperienza. Acquisire la capacità di lavorare con il Purpose è come imparare ad andare in bicicletta. Sono due le cose principali che possiamo fare in questo senso, che mi stanno particolarmente a cuore occupandomi ormai da molti anni di formazione manageriale. Da un lato, contaminare quest’ultima con discipline e ambiti di conoscenza che tradizionalmente sono stati tenuti lontani dalla gestione d’impresa, quali la filosofia, la spiritualità, la psicologia. Solo immergendosi in questi domini di conoscenza possiamo comprendere le dinamiche umane, sociali e relazionali che stanno alla base della creazione e condivisione di un Purpose espansivo. Dall’altro lato, promuovere modelli di sviluppo personale e professionale basati sulla riflessione critica, su quella che Bill Torbert (2004) chiamerebbe Action Inquiry, che spesso è più efficace nel momento in cui prende la forma di sessioni di coaching one-to-one o in piccoli gruppi.
Quali sono quindi oggi le connessioni tra Purpose e Generative AI? A mio avviso tre sono quelle principali.
Innanzitutto, la Generative AI può e deve essere concepita come un acceleratore del significato che le imprese si danno e offrono ai propri collaboratori. Ogni uso della Generative AI deve rispondere alla domanda: come essa contribuisce a perseguire e alimentare il Purpose espansivo che intendiamo sviluppare nella nostra organizzazione? Da questa prospettiva, la Generative AI è un acceleratore dell’affermazione del Purpose delle nostre imprese.
In secondo luogo, nel dibattito sull’everyday AI ci si dimentica spesso che per beneficiare dei vantaggi della Generative AI le nostre imprese sono chiamate a realizzare dei profondi processi di trasformazione, non si tratta di uno strumento plug-and-play. Parliamo di processi di trasformazione che hanno una dimensione tecnologica, di business, culturale. E sappiamo che questi turnaround sono molto complessi, con alti tassi di fallimento. Lavorare sul Purpose consente di dare un senso e un significato più profondo a queste trasformazioni rispetto ai semplici benefici tangibili e concretamente misurabili che esse, sperabilmente, saranno in grado di produrre, e quindi aumentarne le chance di successo. Da questa prospettiva, la capacità di lavorare con dei Purpose espansivi è un acceleratore della transizione verso l’era dell’everyday AI.
Infine, nel dibattito oggi molto acceso in merito ai processi di reskilling e upskilling necessari per abilitare una diffusione massiva e trasformativa della Generative AI, ritengo che la capacità umana di lavorare sul Purpose sia la più importante da allenare, specialmente a livello di executives. Da questo punto di vista, il Purpose è una competenza abilitante una piena e matura adozione della Generative AI nelle nostre organizzazioni.
Tra le molteplici funzioni di un’organizzazione, quella su cui si focalizza il libro di Rosario Sica, ossia le risorse umane, rappresenta l’ambito in cui queste relazioni tra Generative AI e Purpose sono più evidenti, quella in cui si manifestano con maggior forza e in cui devono essere gestite con più cura e attenzione.
Da un lato, infatti, il Purpose è un concetto fortemente umano, che si inserisce nel cuore di ogni impresa, ossia le sue persone, che oggi sono indiscutibilmente la principale fonte di ogni vantaggio competitivo sostenibile. E' dal modo in cui ogni manager si relaziona con i propri collaboratori, dall’ascolto che presta loro, dal modo in cui offre loro delle piattaforme di senso, che si origina un Purpose espansivo, in grado di dare un significato profondo al loro lavoro, e di conseguenza produrre energia, creatività, soddisfazione e benessere.
Inoltre, le risorse umane rappresentano il contesto in cui è più delicato adottare nuovi strumenti, nuove tecnologie, tra cui ovviamente la Generative AI, per il rischio che esse producono di spersonalizzare le relazioni umane all’interno dell’organizzazione. E, da questo punto di vista, saper generare un significato profondo alla base dell’uso e dell’impiego di questi strumenti diventa una sfida cruciale.
Il libro L’Employee Experience nell’Era dell’AI si offre quindi al lettore come una guida fondamentale per comprendere come la Generative AI possa essere utilizzata al meglio in tutte le fasi dell’Employee Journey (dall’Employer Branding al Recruitment, dall’Induction all’Assessment, passando per l’Empowerment, il Performance Enhancement e la Transition), in una prospettiva profondamente umana e in stretta connessione con il Purpose che ogni organizzazione si deve dare per raggiungere un vantaggio competitivo sostenibile nel tempo.

  

 

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