n. 3 anno 2024
Dal VUCA al BANI
di Paolo Iacci
"Non è stato facile.
Dirti ti amo non è stato facile.
Dirti amore non è stato facile.
Dirti addio non è stato facile.
Certo che il cinese è una lingua davvero difficile!!!”
(F. Oreglio)
Per descrivere il nostro mondo, in questi ultimi anni, si è molto diffuso l’acronimo VUCA, composto dalle iniziali delle parole Volatility, Uncertainty, Complexity e Ambiguity, che – tradotte in italiano – significano Volatilità, Incertezza, Complessità e Ambiguità. Queste parole, tuttavia, sembrano diventate già inadeguate a rappresentare compiutamente il mondo in cui viviamo. Al posto di VUCA si sta diffondendo infatti un altro acronimo, BANI, introdotto per la prima volta da Jamais Cascio, storico, ricercatore, professore presso l’University of California e membro dell’Institute for the Future, in un articolo su Medium intitolato “Facing the Age of Chaos”. BANI è composto dalle iniziale delle parole Brittleness, Anxiety, Non-linearity e Incomprehensibility (fragilità, ansia, non linearità e incomprensibilità).
La sigla VUCA risale alla fine degli anni ’80: coniata dall’United States Army War College, ha avuto il merito di sintetizzare efficacemente il mondo che si stava delineando con l’avvento del digitale e con la globalizzazione dei mercati delle merci e dei capitali. Tutte e quattro le parole descrivono la società per come oggettivamente si stava rappresentando ai nostri occhi.
Dopo il covid, tuttavia,il mondo ci appare molto differente. Le tensioni internazionali si infittiscono e la guerra è alle porte di casa. La paura di un conflitto atomico è nei pensieri della grande maggioranza degli italiani. L’economia ha ripreso a marciare, ma la percezione generale è di uno stato di crisi permanente. Viviamo in una sensazione di malessere ampio e generalizzato che investe non solo il mondo del lavoro, ma anche l’intera società civile e il nostro universo relazionale.
Con gli anni, l’utilizzo dell’espressione VUCA si è diffuso nel mondo aziendale per rappresentare le sfide quotidiane che le organizzazioni devono affrontare. Infatti, vivere in un mondo in continua trasformazione, dove tutto cambia con estrema velocità, dove regna l’incertezza, dove la complessità continua a crescere e prevale l’ambiguità significa rinunciare alla pretesa di fare previsioni a lungo termine.
Oggi però il focus si sta spostando dall’oggetto al soggetto. Per questo l’acronimo BANI sembra più adatto a descrivere sinteticamente la realtà che viviamo quotidianamente.
Proviamo allora ad entrare più specificamente in questo acronimo:
- Brittleness (fragilità): il soggetto si sta scoprendo sempre più labile in un mondo in cui equilibri sono sempre più instabili ed effimeri. La situazione – sia essa politica, sociale, economica, civile, soggettiva o oggettiva – appare talvolta anche stabile e potenzialmente duratura, ma tutti noi sappiamo che il punto di rottura è sempre vicino, tali e tante sono le variabili che possono incidere in un mondo sempre più interconnesso al suo interno.
- Anxiety (ansia) : fragilità e insicurezza generano ansia. Al contrario della paura, che è una reazione ad un pericolo concreto e specifico, l’ansia è una risposta complessiva ad un pericolo generico, ad una situazione percepita come potenzialmente minacciante. Le situazioni che viviamo sembrano avere sempre il segno meno davanti. La sfida consiste nel vedere le opportunità e non solo il pericolo.
- Non-linearity (non linearità): già in altri scritti ho descritto il nuovo secolo come “l’età del paradosso”. Polarità fortemente antinomiche tra loro si fronteggiano costantemente, fuori e dentro di noi. La complessità del mondo in cui viviamo contiene al suo interno contraddizioni apparentemente insanabili che costantemente convivono, determinando difficoltà talvolta apparentemente ingestibili.
- Incomprehensibility (incomprensibilità): questi paradossi determinano situazioni che sfuggono non solo al nostro controllo, ma anche solo alla nostra capacità di comprensione. La rete ha consentito una facilità di comunicazione e informazione assolutamente inedita, ma nel contempo ha portato con sé un sovraccarico di notizie false e inventate di fronte alle quali in molti casi è molto difficile districarsi.
Jamais Cascio, nell’articolo in cui per la prima volta si parlava di BANI, ha affermato:
“Almeno a livello superficiale, i componenti dell’acronimo potrebbero persino suggerire opportunità di risposta: la fragilità potrebbe essere soddisfatta dalla resilienza e dall’allentamento; l’ansia può essere alleviata dall’empatia e dalla consapevolezza; la non linearità richiederebbe contesto e flessibilità; l’incomprensibilità richiede trasparenza e intuito. Queste potrebbero essere più reazioni che soluzioni, ma suggeriscono la possibilità che si possano trovare delle risposte. […] È qualcosa che potrebbe aver bisogno di un nuovo linguaggio per essere descritto. È qualcosa che richiederà sicuramente un nuovo modo di pensare da esplorare.”
Nelle nostre aziende, prima ancora di cercare facili soluzioni operative, credo sia opportuno allenarci a leggere questa nuova situazione, perché solo dalla comprensione e dalla consapevolezza possono essere tracciate nuove strade da percorrere.
Paolo Iacci, Presidente Eca, Università Statale di Milano