n. 13 anno 2024
I nuovi paradigmi della selezione
di Cesare Sansavini
La famosa metafora della rana bollita, di Noam Chomsky, sembra rispecchiare molto bene il processo di cambiamento che sta avvenendo nel mondo della selezione del personale. Ad oggi è difficile capire a che punto di cottura si trova la nostra rana nel fronteggiare i cambiamenti avvenuti nel mercato del lavoro. La mia sensazione è che ci sia una forte consapevolezza, ma anche un’evidente inerzia. In altre parole la rana sta avvertendo il cambiamento di temperatura, ma non dà ancora segnali di reazione.
Evoluzione del mercato del lavoro
Esaminiamo sommariamente questi cambiamenti che, come sappiamo, si traducono in sintesi in una evoluzione delle aspettative dei candidati dal posto di lavoro. Meglio fare riferimento a coloro che concorrono per ruoli chiave, vale a dire nel ruolo di potenziali talenti ma anche in qualunque posizione di rilievo, dove le competenze e le qualità personali possono incidere profondamente sulla performance. Vi sono ad esempio ruoli commerciali dove il venditore talentuoso può generare un fatturato tre volte superiore al venditore standard. Questi ruoli chiave, direttivi, manageriali o professionali sono in genere ben noti alle direzioni aziendali, tant’è che le strategie di selezione prevedono di alzare l’asticella, avvalendo anche di tecniche di assessment.
Oggi il potenziale candidato non accetta più la prima offerta interessante, vuole valutare più proposte, strappando la leadership decisionale al selezionatore con la frase altezzosa: “Le farò sapere!”.
Inoltre il nostro candidato difficilmente giurerà fedeltà all’azienda, lo farà solo se le sue motivazioni intrinseche saranno soddisfatte dal rapporto con l’azienda, in caso contrario seguirà l’ondata della Great Resignation Questa evoluzione o involuzione del mercato del lavoro incide pesantemente sui costi della selezione e la qualità delle performance, visto il rischio di vederci sfuggire collaboratori o talenti all’apice della loro performance lavorativa, una volta pienamente integrati nel ruolo.
Le nuove strategie da attivare
Ci dobbiamo pertanto porre la domanda di come gestire o quantomeno prevenire questi rischi? Quali nuove strategie occorre mettere in atto?
Partiamo da una riformulazione dell’obiettivo del processo di selezione che potrebbe essere così definito:
“ Rendere la propria azienda appetibile al mercato e assicurarci una qualità della selezione in grado di identificare le competenze del ruolo e un orientamento alla fidelizzazione!”
Per raggiungere questo obiettivo dobbiamo valutare, in fase di selezione l’orientamento del candidato alla fidelizzazione. Quest’analisi è già in atto quando dal CV si leggono esperienze di lavoro molteplici e di breve periodo. Ma non basta la percezione del rischio, abbiamo bisogno di un’indagine molto più approfondita.
La proposta è di intervenire nelle quattro fasi del processo di selezione e di sviluppo:
- Reclutamento
- Colloquio di selezione
- Induction: percorso di ingresso in azienda
- Fidelizzazione e sviluppo
Fase 1 – Reclutamento e make up immagine aziendale
Occorre assicurarci che la presentazione aziendale faccia risaltare i valori e la cultura aziendale. La Vision stessa può esaltare il forte orientamento allo sviluppo del personale e al benessere organizzativo al fine di creare un’immagine aziendale distintiva e “people oriented”.
Occorre che l’immagine trasmessa nella promozione e nei colloqui abbia poi un riscontro coerente nella realtà lavorativa. Siamo coscienti dell’alto rischio di fughe da disillusione.
Fase 2 – Selezione:
Se abbiamo descritto bene il profilo e le competenze attese, saremo in grado di avviare le famose domande in profondità, quelle che fanno emergere i comportamenti attesi determinanti per il ruolo.
Il modello di selezione più evoluto parte dal presupposto che “Il migliore modo di prevedere i comportamenti futuri è l’analisi dei comportamenti passati”, con la classica domanda: “Mi fa un esempio di …….??(1)
Siamo tutti esperti del tradizionale colloquio di selezione, ma ora dobbiamo anche essere in grado di valutare se il candidato farà un’esperienza di breve-medio periodo nella nostra azienda, oppure potrà diventare un nostro “high performer di lungo periodo”. Non esistono domande magiche per avere questa risposta, ma siamo in grado razionalmente di identificare le ragioni che spingono una persona a fidelizzarsi alla propria azienda.
Partiamo dall’analisi motivazionale dei candidati:
- la motivazione economica, è un fattore ad alto rischio perché gli high performer troveranno sempre la possibilità di ottenere una retribuzione superiore, altrove. La ricerca di questa motivazione non è facile perché il più fessacchiotto dei candidati alla domanda “Cosa la spinge al cambiamento?”, risponderà sempre: “La ricerca di nuove sfide!” o risposte analoghe, lette sui manuali di selezione. Se la risposta del selezionatore è: “Apprezzo molto che lei cerchi nuove sfide, quindi se noi le confermiamo il suo attuale livello retributivo lei è disponibile a lavorare con noi?”, spesso avrete reazioni inattese.
- La fuga di chi non si sente apprezzato nell’attuale lavoro, è ovviamente tenuta ben nascosta dal candidato vispo, ma un attento intervistatore riesce ad identificare i tentativi di fuga dal passato poco felice.
- La ricerca di cambiamenti per soddisfare le proprie motivazioni più profonde. Questo è il nostro candidato ideale, a patto che riusciamo a scoprire queste motivazioni profonde e sappiamo di poterle soddisfare. Le risposte raccolte non possono essere: “Cerca nuove sfide!”, “Vuole crescere!”, “Vuol fare carriera!”. Questa vaghezza non premia, non sarà mai una garanzia di fedeltà. Abbiamo bisogno di svolgere un’indagine motivazionale profonda dei famosi bisogni espliciti, quelle molle motivazionali, squisitamente personali che fanno la differenza.
Il concetto di bisogni impliciti ed espliciti, non è così familiare al mondo HR, infatti nasce dalla cultura di vendita più sofisticata dove si riconosce che i fuoriclasse della vendita sanno diagnosticare le motivazioni più profonde dei propri clienti, note come bisogni espliciti e non si limitano a rincorrere il bisogno implicito, legato alla natura del prodotto (prezzo, garanzie, qualità, ecc.)
Faccio un esempio personale: quando da venditore decisi di cambiare azienda, avendo varie scelte, decisi di accettare l’offerta di una multinazionale fiorentina, pur non essendo la migliore offerta in termini economici, infatti il mio bisogno esplicito era: “Fare carriera, restando nella mia città per non creare disagi alla famiglia”. Nessuno aveva cercato di scoprire le mie vere motivazioni, tant’è che dopo qualche anno mi proposero un trasferimento all’estero che rifiutai. La direzione accettò il mio rifiuto che non interferì poi sulla mia carriera. In caso contrario me ne sarei andato.
Dal colloquio di selezione devono emergere le motivazioni profonde del candidato se vogliamo puntare sulla sua fidelizzazione di lungo periodo, così come il professionista di vendita identifica le motivazioni del suo cliente.
Fase 3 – Induction:
La fase di selezione deve essere integrata da un percorso di allineamento culturale e comportamentale tale da accelerare il “Time to performance”, vale a dire il tempo di passaggio dallo stadio di apprendimento all’autonomia lavorativa.
Normalmente le aziende dedicano alle giornate di Induction 1-2 gg. limitandosi a comunicare Vision, Valori, aspettative dai collaboratori, organizzazione aziendale, ecc.
Alcune aziende associano al programma di Induction, il piano formativo, a volte anche di più settimane o mesi.. Questa strategia di formazione iniziale del neo entrato è applicata con successo da varie aziende che possono così ampliare l’offerta di lavoro anche a candidati non provenienti dal settore e privi di competenze ed esperienze specifiche del ruolo. I risultati sono spesso eccellenti, come osservato in tanti anni di selezione di nuovi venditori e in altrettanti di selezione di nuovi docenti.
In oltre 10 anni di selezione valutammo ai 12 mesi dall’ingresso la performance di circa 200 venditori, osservando che i veri talenti non erano esperti di vendita che cambiavano azienda, bensì neo laureati alla prima esperienza o neo venditori provenienti da altri ruoli. Perché questo strano risultato? Semplicemente perché la selezione del venditore esperto basava il suo focus sulle competenze al ruolo, mentre la selezione del neofita si fondava sulla potenzialità al ruolo. Inoltre il neofita acquisiva un imprinting e un allineamento all’azienda e al nuovo lavoro molto più veloce, perché non doveva liberarsi della famosa zavorra: “Ho sempre fatto così”.
Gli stessi risultati li osserviamo nella formazione dove il nuovo docente, anche se inesperto ha una velocità di acquisizione di nuovi skills molto più rapida.
Fase 4 – Fidelizzazione:
il percorso di fidelizzazione parte dalla stretta di mano con la quale ci complimentiamo dell’ingresso del nuovo collega.
Da questo momento avrà il supporto del proprio superiore, esperto in gestione e motivazione del personale, con il quale condividerà un piano di sviluppo con obiettivi precisi e incontri di coaching periodici. In tali incontri si parlerà non solo di obiettivi di sviluppo e obiettivi di lavoro, ma anche di benessere organizzativo, valutando la migliore integrazione tra lavoro e vita privata, disponendo di tutte le opportunità che l’azienda può giocarsi, ad es. “Flexi Time, Lavoro on line, Job rotation e job enrichment, deleghe, ecc. Questi colloqui dovranno generare la migliore integrazione del collaboratore con l’azienda, ma anche la migliore performance. Questi sono i nuovi paradigmi della selezione e integrazione nel lavoro.
(1) Rinviamo a Ermanno Forni: "100 domande per un'intervista" - Edizione Alpha Test
Cesare Sansavini, Presidente Change Project