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     n. 15 anno 2024

Competenze e sentimenti al lavoro

Curato da IdeaManagement

Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce
Blaise Pascal

Emozioni e sentimenti: alcune differenze

Spiegare cosa sia un sentimento non è facile. Qualsiasi definizione ingabbierebbe in una descrizione razionale un contenuto che razionale non è.
Esistono alcune specifiche caratterizzazioni che differenziano l’emozione dal sentimento.
Secondo l’opinione comune, le emozioni sono intese come passioni, per lo più di breve durata, sentite o provate internamente dall’individuo. Inoltre, le emozioni si attivano in modo involontario, senza che siano richieste dall’individuo stesso. Esse sono strettamente legate alla nostra biologia.
Nel corso della filogenesi, gli stati emotivi sono serviti, e tuttora svolgono questo scopo, per adattarsi all’ambiente e per potervi sopravvivere. Essendo direttamente collegate al sistema percettivo sensoriale, le emozioni servono a conoscere l’ambiente, a intuire i pericoli, a “sentire” se ci si può avvicinare a determinati contesti o situazioni, o è opportuno allontanarsene. 
È condivisa l’idea che il corpo sia il palcoscenico privilegiato in cui si manifestano gli stati emotivi. Quando un evento esterno coinvolge l’individuo, l’organismo si attiva modificando i propri parametri fisiologici. Tale reazione può essere di attacco o di fuga, ma anchedi “adattamento”, come ha suggerito Hans Seyle, teorico dello stress.
Su quante siano le emozioni, primarie o secondarie, pure o miste, semplici o complesse, il dibattito è tuttora aperto.
Paul Ekman concluse che 6 emozioni, considerate primarie, sono indipendenti dalla cultura e probabilmente innate: felicità, rabbia, tristezza, paura, disgusto e sorpresa.
Ognuna di esse può variare d’intensità lungo un continuum, in cui il vissuto emotivo varia da un livello di bassa ad uno di alta intensità. Queste variazioni favorisconoil combinarsi tra loro delle varie emozioni, creando sfumature diverse che danno vita ad emozioni complesse, che diventano modalità soggettive ad elevata varietà. 
Il termine sentimento viene spesso usato nel linguaggio comune come sinonimo di emozione; in realtà ci sono sicuramente delle affinità, ma anche delle differenze sostanziali. Anche nei sentimenti è coinvolto il nostro apparato fisico-sensoriale che “sente”, ma questo percepire è elaborato ed integrato da una componente cognitiva, che trasforma le emozioni sulla base di parametri conoscitivi. Visto il ruolo particolare dei pensieri, le emozioni vengono sperimentate prima e i sentimenti successivamente; questi sono quindi il gradino successivo delle emozioni. 
Il rapporto fra i sentimenti e le emozioni è così stretto che non possono esistere sentimenti senza emozioni. Si possono però vivere delle emozioni senza che necessariamente da esse si sviluppino dei sentimenti.
Volendo riepilogare alcune caratteristiche distintive, il sentimento è un’emozione che si caratterizza per la sua continuità nel tempo. L’emozione può essere di forte intensità e di breve durata, un sentimento, invece, può essere attenuato come intensità percettiva, ma dev’essere duraturo nel tempo. Esso nasce da una o più emozioni, ma si alimenta nel tempo, reiterando tali emozioni e, in qualche modo, nutrendosi di queste; 
inoltre, si caratterizza per la complessità degli elementi che lo compongono, che funzionano tra loro con relazioni sistemiche, tanto che in alcuni casi si fatica ad individuarne i confini di influenza. 
I sentimenti, a differenza delle emozioni che sono delle forme di reazione, diventano dei veri e propri modi di essere. 
Se il sentimento è il prodotto del nostro pensare, diventa la modalità privilegiata con la quale ci relazioniamo agli altri e all’ambiente, risultando da questa fortemente condizionato. 
Il sentimento diventa così il risultato del nostro sforzo adattativo, anche nei casi in cui i suoi effetti si rivelino disfunzionali per l’individuo stesso e per l’ambiente.
L’apprendimento gioca un ruolo strategico nei sentimenti, sia nella loro genesi, sulla base delle esperienze, sia nel loro percorso di cambiamento. Questo è il motivo per il quale essi dovrebbero trovare posto in tutti i programmi formativi, in campo scolastico e nelle organizzazioni di business, in quanto sono il risultato del nostro apprendimento e lo influenzano. 
I sentimenti, infine, sono contagiosi. I nostri ambienti sociali spesso trasmettono sentimenti positivi, ma possono anche “infettare” gli individui con quelli negativi. 
I sentimenti inevitabilmente influenzano le nostre capacità di comportamento e, di conseguenza, la nostra efficacia. Soprattutto in ambito lavorativo.
In questo articolo passeremo velocemente attraverso 12 sentimenti distruttivi e 12 sentimenti produttivi e l’ordine di presentazione è rigorosamente alfabetico.
Vedremo insieme l’influenza (produttiva o distruttiva)di qualche sentimento su alcune capacità di comportamento organizzativo.
Come accade spesso quando ci chiedono se vogliamo prima le buone notizie o le cattive, iniziamo dalle cattive...

I sentimenti distruttivi

Di seguito si presentano alcuni sentimenti distruttivi, in rigoroso ordine alfabetico, in quanto non pensiamo che esista, tra quelli descritti, un ordine di priorità per importanza e frequenza. Sono gli eventi della vita che li portano alla ribalta e le storie professionali e personali di ciascuno di noi possono renderne più evidente uno piuttosto che un altro.I sentimenti distruttivi ci fanno soffrire e possono essere la causa di insuccessi personali e aziendali. Inoltre, quando essi entrano in gioco abbassano notevolmente l’efficacia di esercizio delle nostre competenze.
Conoscerli è importante, perché a livelli diversi di intensità tutti noi li abbiamo incontrati ed anche sperimentati. 
Nei sentimenti la quantità emotiva può fare la differenza. Ai primi livelli del sentire, i sentimenti negativi non esprimono tutta la loro forza distruttiva, ma possono essere interpretati come segnali previsionali per attuare un cambiamento o farci fare un salto evolutivo. 
Ma se non riconosciamo i segnali e non ci occupiamo di capirli, i sentimenti distruttivi possono tracimare gli argini della consapevolezza e inondare la nostra mente, la nostra anima, la nostra vita lavorativa e personale.
Di seguito alcuni sentimenti che, purtroppo, troviamo presenti nei corridoi e tra le scrivanie aziendali.

§  Accidia

Sentimento distruttivo dal termine un po’ in disuso ma di cui sono attuali i suoi effetti distruttivi: la svogliatezza o l’iperattivismo nevrotico che distruggono l’energia motivante alla base di tutta la nostra progettualità e dell’orientamento ai risultati.
In termini generali l’accidia è il sentimento che ci blocca; una sorta di indolenza che si trascina tra inerzia e carenza di interesse per quello che ci circonda. 
In sintesi, ciò che va in tilt è l’operatività diventando un difetto ‘delfare’. Le sue manifestazioni emotive sono: abbattimento, scoraggiamento, assenza di motivazioni e di interessi. 
Non si è in grado di apprezzare ciò che si ha, ma si tende, solo teoricamente, a desiderare quello che non si ha. L’accidia è la patologia della volontà, della motivazione e della resilienza.

§  Avidità

La nostra società è piuttosto permissiva rispetto a questo sentimento, considerandolo anche segno di potere e di realizzazione economica verso chi ne è affetto. Purtroppo, ne subiscono gli effetti deleteri dell’avidità competenze importanti come l’Intelligenza sociale e la comunicazione.
L’avidità ci porta a non essere mai soddisfatti di quello che abbiamo: vogliamo sempre di più. L’avidità è una fame insaziabile di possesso. 
È un sentimento che tende a mettere l'accumulo e il possesso personale sopra il benessere collettivo o etico. L'avidità può alimentare un ambiente di lavoro iper-competitivo, dove la cooperazione e lo spirito di gruppo sono sacrificati per il guadagno personale. L'avidità non è sempre ovvia; può essere mascherata da ambizione o da una forte motivazione al successo. Tuttavia, una volta che supera i confini dell'etica e del gioco di squadra, diventa dannosa.
Il termine avidità è spesso associato a quello di avarizia, ma avidità e avarizia sono sinonimi? Chi è avido vuole sempre di più, chi è avaro non vuole dare quello che ha. Sottile, ma sostanziale differenza. L’avidità e l’avarizia hanno in comune l’egoismo.

§  Delusione

Il sentimento della delusione entra in campo quando le nostre aspettative sono state disattese: un nostro obiettivo, ciò che desideriamo, un sogno, si infrangono contro le scogliere della realtà. La delusione è la diretta conseguenza dell’illusione. Ci possono essere livelli crescenti di delusione distruttiva: Si può essere amareggiati, di fronte a qualcosa che non è andato come ci aspettavamo, rimane con “l’amaro in bocca”. 
Si può cadere preda dell’ira; il nostro io, per affrontare la frustrazione, tira fuori tutto il suo risentimento collerico. Si può diventare rancorosi. Si può diventare tristi. Si può essere disperati e qui la resa diventa totale.
È spesso accompagnata da tristezza, frustrazione e una riconsiderazione dei propri obiettivi o aspettative. Nel contesto lavorativo, la delusione può sorgere da una promozione mancata, da un progetto fallito, da feedback negativi o dal non riuscire a raggiungere gli standard personali o aziendali prefissati. La delusione può temporaneamente diminuire la motivazione, le persone deluse possono ritrovarsi meno produttive, poiché la loro energia emotiva viene assorbita dalla gestione della delusione.
Uno strano sentimento che ci fa vivere nel rimpianto e ci porta pian piano ad inaridirci. Purtroppo, la delusione offusca, ed alcune volte spegne, la fiamma dell’apprendimento. Ne subiscono gli effetti capacità come l’iniziativa ma, anche, il pensiero anticipatorio indispensabile per costruire il futuro.

§  Diffidenza

La diffidenza è lo stato emotivo che ci porta a non fidarci ed alimenta la nostra paura. Nella sua funzione di istinto protettivo, una certa dose di allerta nel fiutare il pericolo ha essenzialmente un valore adattivo e ci permette di valutare gli stimoli nocivi, assolvendo ad un ruolo importante nell’affrontare situazioni sconosciute. La diffidenza come sentimento distruttivo va al di là della sua funzione protettiva, è uno stato permanente con il quale affrontiamo non solo le situazioni nuove, ma anche il nostro ambiente conosciuto. Il sentimento della diffidenza apre la porta a quella devastante esperienza umana che chiamiamo tradimento. Il tradimento, delude la fiducia, le aspettative, infrange un legame e soprattutto frantuma una continuità, in base alla quale si tende a separare un prima e un dopo il tradimento. Il tradimento porta con sé i sentimenti della rabbia, della vendetta, non solo della perdita della fiducia.Con il suo paradosso esistenziale: se io non mi fido di nessuno, come posso pensare che gli altri si fidino di me? gli effetti della diffidenza si sentono sulla caduta di efficacia di capacità come la decisione o il pensiero innovativo.

§  Indifferenza. 

Si considera l’indifferenza come mancanza o assenza di emozioni. Ma è anch’essa uno stato emotivo, nel quale prevale un vuoto di interessi e di compartecipazione al mondo esterno. Se cerchiamo i sinonimi di indifferente troviamo termini come impassibile, cinico, imperturbabile, apatico, ma anche nichilista, termini tutt’altro che positivi. L’origine dell’indifferenza è la paura. Sono indifferente perché ho paura delle conseguenze, ho paura di soffrire, ho paura di entrare nel vortice del coinvolgimento. L’indifferenza ha diverse intensità emotive. Pigrizia: quella del non fare e quella del non vedere. La pigrizia si trasforma nel secondo stadio dell’indifferenza: la distrazione. La tecnica utilizzata per distaccarsi emotivamente da sé e dagli altri, in questo caso, è proprio quella dell’attenzione. L’indifferenza continua il suo percorso, portandoci alla noia. In questo stadio la nostra pigrizia si è trasformata in assenza di sentire, guardare, agire. Un quarto stadio è nel senso di vuoto che sconfina nell’accidia e nella depressione.
Questo sentimento può a volte servire come meccanismo di difesa per proteggersi da delusioni o come reazione a sovraccarichi emotivi.
Questo sentimento non tocca solo abilità come l’intelligenza sociale, ma rischia di rendere poco produttiva proprio la competenza di orientamento al cliente.

§  Invidia. 

L’invidia è uno dei sentimenti più diffusi, ma allo stesso tempo dei più negati. Inoltre, è interessante riflettere sul fatto che siamo generalmente inclini a vederla negli altri, ma siamo totalmente incapaci di sentire la nostra, quando la proviamo. La forza distruttiva dell’invidia consiste nel fatto che la persona non vive più per sé, ma solo in rapporto a ciò che l’altro ha e che, nel suo pensiero rancoroso, doveva appartenere a sé. Un ulteriore elemento di questo sentimento è la relazione con il tempo: l’invidioso passa la maggior parte del tempo non a cercare di raggiungere la stessa meta dell’invidiato, ma a fare il possibile affinché l’altro perda quello che possiede. Vogliamo ulteriormente sottolineare che uno degli elementi centrali dell’invidia è il sentimento soggettivo di ingiustizia: l’invidioso è davvero convinto di aver subito un torto.
Questo stato emotivo viene spesso censurato dalla ragione organizzativa e dalla morale sociale, ma purtroppo miete molte vittime e costituisce la causa di alcuni flop professionali e di alcuni reali ostacoli al raggiungimento dei risultati di business. Ne fa le spese il team working, ad esempio, competenza relazionale privilegiata nell’attuale economia della conoscenza.

§  Paura

Dalla radice indoeuropea ″pat″, percuotere, incutere timore, derivano il latino ″pavor″ e ″paveo″, sono percosso, sono abbattuto. La paura è sicuramente un’emozione primaria, che può trasformarsi nel sentimento pervasivo della rabbia aggressiva così come può assumere manifestazioni di passiva rassegnazione. 
Con il termine paura si identificano stati di diversa intensità emotiva e che vanno da una risposta fisiologica ad uno stimolo percepito come minacciante, assumendo manifestazioni di timore, apprensione, preoccupazione, inquietudine, sino a stati ad elevata sofferenza emotiva come l’ansia, il terrore, la fobia o il panico. La paura è l’elaborato dispositivo che ci permette di ‘fiutare’ e di predisporci ad affrontare il pericolo. Questa nostra sensibilizzazione, se protratta nel tempo, può abbassare la soglia dell’attivazione della paura arrivando a un vero e proprio meccanismo di assuefazione.
Questo sentimento non si può eliminare, anzi la sua funzione è salutare per la nostra salvaguardia. Purtroppo, al suo aumentare di intensità può diventare un sentimento paralizzante, in grado di inibire la nostra sfera intellettiva e gestionale.

§  Pessimismo

Il pessimismo, in sintesi, è l’atteggiamento costante e sistematico di sfiducia nei confronti della nostra quotidianità e del nostro futuro. Il pessimismo influenza, in modo negativo, alcuni aspetti peculiari del nostro modo di essere e di agire. Vediamone alcuni. Motivazione: il pessimismo blocca qualsiasi energia motivazionale, perché spegne sul nascere la scintilla dell’entusiasmo. Orientamento al risultato: il pessimismo alimenta la pigrizia. Qualsiasi sforzo verso un risultato viene minato dalla caduta di fiducia nella riuscita. Un pessimista, tendenzialmente, si scoraggia al presentarsi delle difficoltà. Propensione al nuovo: la visione negativa e bloccante nei confronti del nuovo appartiene al pessimista. Il nuovo è solo un percorso pieno di trappole e minacce. Molto meglio la rassicurante immobilità di ciò che conosciamo bene. Autostima: l’immagine di sé, nel pessimista, rispecchia un profondo senso di inferiorità. Ma la bassa autostima si trasforma, nel tempo, in lamentosità, in rancorosità conflittuale e, soprattutto, nel potente sentimento dell’invidia.
Un sentimento distruttivo, il pessimismo, con il quale vengono enfatizzati gli aspetti negativi della vita. Ma la vera criticità di questo sentimento è che chi lo vive mette in campo una tale energia di sabotaggio che, alla fine, riesce a danneggiare sé stesso. Ne subiscono i danni non solo la capacità di problem solving, ma la nostra abilità di iniziativa.

§  Rancore

Il termine rancore deriva dal latino rancor che significa rancido. Il rancore nasce quando qualcuno non solo ci ostacola, ma ci offende. L’interlocutore o la situazione che ci ha umiliato è ritenuta responsabile del comportamento che ci ha danneggiato, creando in noi una frustrazione crescente. È uno stato d’animo corrosivo che può radicarsi profondamente, spesso in risposta a un torto reale o percepito. Questo sentimento può portare a mantenere vivo il ricordo di un'offesa e a nutrire un desiderio di vendetta o di giustizia.
L’elemento distruttivo del rancore è la forza aggressiva tesa a voler danneggiare l’altro o una specifica situazione, per placare l’offesa o il torto subito. 
Nel risentimento, invece, diventa predominate la nostra frustrazione paralizzante, il nostro senso di impotenza. Risentimento significa “sentire ancora” e quello che sentiamo è l’eco della nostra incapacità nel far fronte al danno subito. Il risentimento è come mettere il piede su un acceleratore di una macchina incagliata nel fango paludoso, più “schiacciamo” e più sprofonda.
Il sentimento del rancore ha dei pessimi compagni di viaggio... la rabbia, il bisogno di rivalsa e, a volte, la vendetta.Il rancore fonda le sue radici nel sentimento cugino della vergogna. L’atto subito è tanto più doloroso quanto più ci ha messo in condizione di umiliazione. Il campo di influenza distruttivo spazia dalla gestione dei conflitti relazionali alla negoziazione, dal team working al people management.

§  Rinuncia

Rinunciare è fare a meno di qualcosa che si possiede o, magari, solo si desidera. La rinuncia aumenta la sua forza distruttiva quando la nostra mente la collega ad eventi esterni che, dal nostro punto di vista, ci hanno sottratto qualcosa. Il termine rinuncia può essere visto in una duplice accezione: decisione attiva di abbandono o rassegnazione passiva sotto gli effetti di forze interne (agenti sabotanti), o di pressioni esterne (agenti bloccanti). Il sentimento della rinuncia diventa distruttivo quando assume due facce: per alcuni la fisiognomica è quella della rassegnazione e, per altri, quella della nostalgia. I motivi possono essere diversi. Se impegno e motivazione permettono di farci raggiungere i nostri risultati e le nostre mete, il sentimento passivo della rassegnazione ci impedisce di esprimere le nostre possibilità per la paura di fallire. La rassegnazione diventa l’incapacità ad affrontare difficoltà e ostacoli. La rassegnazione distruttiva è anche di chi si convince che l’esistenza sia dominata dal destino, come se ci fossero persone predestinate a raggiungere mete ed altre alle quali viene negata la possibilità. È questa mentalità che favorisce frustrazioni ed incapacità di far fronte alle stesse. La rinuncia diventa quindi motivo di rassegnazione per evitare di impegnarsi. La rassegnazione, nel suo aspetto distruttivo, toglie qualsiasi possibilità al senso di autonomia e di responsabilità; essa diventa la passiva rassegnazione di essere incapaci, togliendo il piacere della realizzazione.
Diventa quindi evidente come il sentimento della rinuncia agisce negativamente sull’orientamento ai risultati, sul problem solving e sul pensiero innovativo.

§  Superbia

Il senso del significato è: colui che tende a disprezzare gli altri. La superbia esprime la necessità di volersi mettere al di sopra degli altri, di non voler accettare che qualcuno possa essere superiore a noi. Una manifestazione della superbia potremmo definirla tracotanza, atteggiamento tipico di colui che non riconosce il limite della propria posizione e si spinge al di là di ciò che gli sarebbe concesso. Un’altra espressione della superbia è la presunzione tipica di chi, con il proprio atteggiamento indisponente, parla senza ascoltare, sa sempre tutto, ha la verità in tasca. Un ulteriore modo con cui si esprime la superbia è l’arroganza: illusione di sentirsi potenti, di dominare e “schiacciare” gli altri. Ma la superbia può crescere ancora di intensità e diventare delirio di onnipotenza, condizione di chi si sente sicuro di vincere sempre. Ma c’è ancora un gradino superiore in cui si struttura la superbia: il disprezzo con le sue manifestazioni di razzismo, non solo etnico Per concludere la superbia può trasformarsi in abuso, in sopruso, in crudeltà verso gli altri.
Con i suoi segni deleteri di arroganza, prepotenza, senso di superiorità e con un comportamento denigratorio verso gli altri. Questo sentimento pone a tutti noi una domanda chiave: qual è la sua influenza sull’esercizio della leadership?

§  Vergogna

Nel patire vergogna il nostro ‘io’ vive la realtà emotiva di sentirsi messo ai margini del proprio ambiente sociale perché non degno di appartenervi. Provare vergogna costituisce una delle esperienze emotive più dolorose, perché pervade l’identità sociale. La vergogna, tra tutti i sentimenti, è quello a maggiore connotazione sociale poiché è generata dal timore, in moti casi, dalla certezza che gli altri pensano o hanno emesso dei giudizi negativi sul nostro conto. È credenza diffusa che chi prova vergogna tenda ad isolarsi e a mettere in campo un comportamento di passiva rassegnazione. Ci dimentichiamo, invece, che chi prova vergogna può sviluppare dei meccanismi compensatori attraverso reazioni di rabbia e sentimenti di vendetta e di ritorsione verso chi, con il suo comportamento, lo ha offeso.
Questo sentimento siamo compassionevolmente disposti ad accettarlo nei fanciulli, ma non certo tra i colletti bianchi manageriali. Purtroppo, è così presente questo stato emotivo paralizzante che, per non sentirlo con la sua forza distruttiva, siamo disposti a mettere in campo le peggiori sfrontatezze. La vergogna non solo ostacola la propensione al nuovo, ma è un argine difficile da valicare nei processi di apprendimento. Perché una cosa è certa: i manager, soprattutto, si vergognano di non sapere e come tale, alcuni di loro, rifiutano qualsiasi programma di aggiornamento.

I sentimenti produttivi

Ora che abbiamo “strappato il cerotto” dei sentimenti distruttivi, passiamo a quelli che tutti aspettavate...i sentimenti produttivi. 
Se il sentimento negativo distrugge energie, intelligenze e ricchezze, quello produttivo ci porta valore, ci fa star bene, potenzia l’efficacia delle nostre competenze al lavoro.  
A costruire i sentimenti positivi ci pensano l’apprendimento, l’educazione, i valori. In sintesi, sono il risultato della nostra conoscenza in azione. 
Il nostro sentire ha bisogno di un nome, di essere chiamato e riconosciuto per poter evolvere e rendere feconda la nostra professionalità.
Come nel caso dei distruttivi, anche questi sentimenti influenzano le nostre capacità e più crescono e più ne potenziano l’efficacia.
Vediamone qualcuno, cercando di farci travolgere dalla loro energia positiva e di benessere.

§  Amicizia

Aristotele considera l’amicizia una virtù fondata non sulle passioni ma sulla libera scelta. Nell’etimologia della parola latina il significato di amico (amicus) sottolinea la radice del verbo amare per cui significa letteralmente "colui che si ama". 
L’amicizia è un collante fondante della vita relazionale di ciascuno di noi; comporta accettazione e comprensione dell’altro per quello che è senza entrarenell’idealizzazione propria dell’amore. 
Quando pensiamo all’amicizia immaginiamo quello spazio relazionale con il quale condividere esperienze negli alti e bassi della vita, nel quale trovare chi è in grado di accoglierci nei momenti sereni e gioiosi, ma anche nei periodi di criticità e di difficoltà. Un amico è un compagno di viaggio in grado di accettare le nostre imperfezioni o le nostre debolezze. In sintesi, l’amicizia è un sentimento che ci rassicura, che non ci fa sentire soli. Sia che si tratti di sola simpatia, sia che si sviluppi in processi emozionali più profondi ed empatici, questo sentimento riveste un ruolo importante in campo lavorativo aumentando l’efficacia di tutte le abilità relazionali e soprattutto del team working.

§  Coraggio

Il coraggio è quel sentimento che ci permette di affrontare la paura. Tutti noi abbiamo paura dell’ignoto, dei cambiamenti, delle nubi che intravediamo all’orizzonte del domani. 
Ma è proprio il coraggio che può alimentare la nostra capacità di far fronte alle incertezze, piuttosto che farci arenare sulle scogliere della paura. Il coraggio è il saper affrontare situazioni difficili, o dall’esito incerto, con forza d’animo, è la volontà di superare situazioni rischiose attraverso la forza fisica, spirituale, intellettuale. E’ la nostra volontà di guardare il domani e progettarlo, creando possibilità e innovazioni. Conoscenza e consapevolezza portano al coraggio. Alleato prezioso nel sostenere la competenza di decisione. Il coraggio, da non interpretare come incosciente temerarietà, è favorito dalla nostra responsabilità e dalla certezza che la paura non si può eliminare. Grazie al “coraggio”, possiamo sviluppare quelle modalità per convivere con la paura non come passiva rassegnazione, ma considerandola come apporto della nostra forza emotiva ed intellettiva. L’influenza della relazione tra coraggio e decisione è evidente per tutti.

§  Diligenza

Sentimento dal sapore un po’ “antico”, contraddistinto da precisione, accuratezza e cura responsabile di ciò che ci è stato affidato. Il termine diligenza identifica il sentire emotivo che condiziona il nostro approccio al fare e che ci spinge a prenderci cura del nostro lavoro al fine di ricercare la modalità migliore per la riuscita, nell’interesse non solo proprio, ma soprattutto degli altri. Ma quali sono gli ingredienti fondanti della diligenza?  La precisione, ossia il grado di convergenza verso l’obiettivo atteso; l’accuratezza, che significa continuare ad essere precisi nel tempo, la costanza con la quale pratichiamo con precisione; la cura, come effetto visibile del senso di responsabilità; la volontà, in quanto sentimento che deriva dal nostro autocontrollo, dalla consapevolezza che le nostre energie, se non ben dosate, possono esaurirsi.
Guarda caso è proprio la diligenza che sviluppa quella forza auto motivante definita volontà. Organizzazione, precisione, gestione degli errori, perseveranza verso i risultati richiedono l’energia realizzativa della diligenza.

§  Empatia

Substrato fondante di molte competenze, tanto da far coniare per alcuni economisti il termine di homo empathicus, per spiegare la natura umana nell’era della globalizzazione. L’empatia è una delle propensioni interpersonali che ci porta a comprendere e a immedesimarci negli stati emotivi dell’altro attraverso la forza della comunicazione non verbale grazie all’attivazione dei neuroni specchio. Con l’empatia non siamo solo osservatori, ma siamo con l’altro, vestiamo i suoi panni, siamo in grado di provare quello che prova; è la nostra modalità di comprendere l’altro al di là dei sentimenti immediati di simpatia ed antipatia.
Definirla richiede pertanto di guardare oltre la semplice comprensione o condivisione delle emozioni altrui; implica la capacità di immergersi profondamente nelle prospettive e nelle esperienze degli altri, per facilitare la comunicazione e la collaborazione.

§  Entusiasmo

L’entusiasmo è un sentimento così potente nella sua forza produttiva che, proprio grazie alla sua funzione, possiamo realizzare obiettivi ambiziosi. Tra i diversi sentimenti, l’entusiasmo è quello che esprime maggiormente il suo contenuto immaginativo perché, per alimentarsi, ha bisogno dei processi elaborativi del pensare ed elaborare strategie. L’entusiasmo è energia cognitiva focalizzata, che ci permette di vedere in prospettiva e di disegnarci la realizzabilità del futuro. Ma di quali ingredienti si nutre l’entusiasmo? Sicuramente la curiosità, nel suo significato di gusto e di interesse ad accrescere le proprie conoscenze; la fiducia: se l’entusiasmo è il carbone che permette alla locomotiva di muoversi verso il domani, la fiducia lo alimenta, potenziando la speranza di riuscita; l’impegno, che ci porta con costanza e tenacia realizzativa a perseguire gli obiettivi; la passione: essere innamorati di quello che facciamo; la generosità che permette di rendere condiviso il nostro entusiasmo e di trasferirlo agli altri.
L’entusiasmo è il sentimento fondante per progettare il futuro, capace di farci superare difficoltà e fatiche, ma soprattutto in grado di far crescere il nostro pensiero anticipatorio e prospettico.

§  Fiducia

La fiducia, nel contesto lavorativo, è un sentimento fondamentale che gioca un ruolo cruciale nella costruzione di relazioni solide e durature all'interno delle organizzazioni. È la convinzione che colleghi, superiori e collaboratori agiranno con integrità, affidabilità e che saranno competenti nelle loro mansioni. La fiducia si basa su una serie di aspetti chiave: la coerenza delle azioni, la trasparenza nella comunicazione, la capacità di mantenere le promesse e la dimostrazione di rispetto reciproco. La fiducia è una ventata ottimistica che ci fa guardare al domani aspettando che gli eventi attesi vadano a compimento; è la spinta che ci fa trasformare i sogni in obiettivi; è il motore della nostra proattività; è il collante delle nostre relazioni. Gli ingredienti fondamentali sui quali si costruisce la fiducia sono: l’affidabilità, cioè la rispondenza tra ciò che promettiamo di fare e ciò realmente facciamo; la lealtà, nel suo significato di rispettare le promesse valoriali nei fatti; la trasparenza, intesa come rispondenza tra il nostro dichiarato comunicativo e quello che realmente pensiamo.
Interessante scommessa la fiducia, che ci costringe a chiederci come vogliamo vivere nel nostro presente e come vogliamo costruire il nostro futuro.  Grande bella moneta quella della fiducia, produttivo capitale per chi la possiede. Il suo contrario è solo l’aridità della diffidenza.

§  Generosità

Generoso è colui che non si risparmia, ma soprattutto è pronto a donare. Il significato di generosità può essere associato ad altruismo, inteso come atteggiamento volto al benessere dei propri simili. Anche il termine gentilezza può essere associato a quello di generosità, intesa come sentimento empatico, derivato dalla capacità di identificarsi con gli altri, di condividere le loro gioie e di rispettarne le sofferenze. Infine, il termine generosità può essere affiancato a quello di solidarietà. Il sentimento di generosità si manifesta quando un individuo agisce con altruismo, offrendo tempo, risorse, conoscenze o supporto agli altri senza aspettarsi nulla in cambio. Nel contesto lavorativo, la generosità trasforma le dinamiche interpersonali e contribuisce a creare un ambiente collaborativo e solidale. Non si limita alla mera condivisione materiale, ma include la disponibilità a condividere idee, competenze, e il tempo dedicato a supportare il successo altrui.
L’altruismo del dare è di fatto un processo di comunicazione verso l’altro. La generosità predispone alla relazione e all’incontro con l’altro, esattamente come la comunicazione risulta efficace solo se l’altro ne percepisce l’efficacia.

§  Intuito

Siamo perfettamente consapevoli che qualcuno non sarà d’accordo con chi scrive nel considerare l’intuito un sentimento, ma la nostra memoria intuitiva è così condizionata dal fluire dei nostri sentimenti che non possiamo non considerare come questi possano ostacolare o favorire le nostre antenne cognitive ed emotive. L’intuito è il risultato di una visione sistemica con la quale comprendiamo e forniamo risposte alle sollecitazioni del nostro ambiente sulla base delle nostre conoscenze ed esperienze pregresse. L’intuito non è istinto in quanto non si tratta di una risposta biologia ed automatica. Nell’intuito possiamo trovare una caratteristica combinazione tra ‘ragione’, nel suo significato di raziocinio, ed ‘emozione’, intesa come influenza di tipologie di sentimenti differenti. 
L'intuito, nel contesto lavorativo, si riferisce alla capacità di comprendere istantaneamente e senza l'ausilio di un ragionamento analitico esplicito. È un processo cognitivo che attinge all'esperienza, alla conoscenza tacita e alle percezioni immediate per formulare giudizi e prendere decisioni. L'intuito spesso si manifesta come una "sensazione viscerale" o un "lampo di ispirazione" che guida verso una certa direzione in assenza di una chiara evidenza razionale.
L’intuito è essenza dell’intelligenza emotiva, capace di spiegare il perché e di mettere in moto il pensiero razionale. I campi privilegiati dell’intuito sono: la soluzione dei problemi, la presa delle decisioni, la propensione al nuovo.

§  Ottimismo

L’ottimismo è legato alla nostra percezione di autoefficacia personale, ma soprattutto alla nostra fiducia di poter affrontare, superandole, le piccole e grande criticità del nostro vivere quotidiano. L’ottimismo entra in scena in presenza di difficoltà, la potremmo definire la spinta emotiva che ci fa affrontare le criticità. L’ottimismo realistico è proprio di chi non sottovaluta le difficoltà, ma si pone con un atteggiamento propositivo e possibilista di riuscita. 
L'ottimismo, nel contesto lavorativo, è caratterizzato dalla tendenza a vedere il lato positivo delle situazioni, a mantenere un atteggiamento positivo di fronte alle sfide e a credere che il futuro porterà risultati favorevoli. Gli ottimisti tendono a interpretare gli insuccessi come temporanei e superabili, vedendo le difficoltà come opportunità di apprendimento e crescita. 
Gli ingredienti dell’ottimismo sono: nutrire speranza per il futuro; evitare recriminazioni nostalgiche del passato; la nostra percezione di autoefficacia personale, intesa come abilità di saperci porre delle aspettative raggiungibili e non sovra dimensionate; considerare i problemi come eventi che hanno una soluzione; la proattività.

§  Pazienza

La pazienza è il sentimento umano che ci permette di rimandare la “re-azione” alle avversità, mantenendo nei confronti della situazione un atteggiamento non passivo, ma riflessivo. La pazienza è una qualità superiore, che trae linfa vitale dalla saggezza e ci permette di non perdere la perseveranza del nostro agire. È la necessaria calma, costanza, assiduità, applicazione senza sosta, nel fare un’attività, nel concretizzare un obiettivo o nell’affrontare le difficoltà del vivere quotidiano. È la capacità di sopportare ritardi, contrattempi e sofferenze senza arrabbiarsi”. 
Nel contesto lavorativo, la pazienza è un sentimento prezioso che consente alle persone di navigare con serenità in ambienti spesso stressanti e a ritmo sostenuto.
La pazienza è il sentimento produttivo che alimenta e sostiene la nostra abilità di concretizzazione. Essa è la necessaria costanza e assiduità che ci porta ad applicarci nel fare, che sostiene la proattività e la gestione dei cambiamenti.

§  Perdono

Il perdono è il sentimento grazie al quale si è portati a compatire, scusare le colpe, gli errori, i difetti altrui, ma, vale la pena di sottolineare, anche i nostri. Dal punto di vista etimologico perdonare significa “concedere un dono”. Il perdono è il vero sentimento produttivo nella gestione dei conflitti interpersonali, perché permette di rinunciare ad ogni vendetta e rivalsa; rappresenta la capacità umana di “guardare oltre” e di fare dell’esperienza, anche se negativa, non la fonte per arrestare la propria evoluzione individuale, ma la base per una saggia maturità. E’ un sentimento che coinvolge la sfera affettiva, cognitiva e motivazionale della persona.

§  Saggezza

La saggezza è una qualità positiva che apre le porte a quel concetto di serenità, fondamento stesso dell’esistenza di tutti noi. Si può considerare una forma di consapevolezza di ciò che realmente si è o si ha, riuscendo a mettere in campo un comportamento flessibile e adattivo alla realtà che ci circonda.
I requisiti contemporanei della saggezza sono: senso di responsabilità, abilità prospettica, intesa come capacità di guardare le conseguenze e ipotizzare l’evolversi degli eventi, coraggio decisionale, consapevolezza dei propri punti di forza e di debolezza, elaborazione dell’esperienza passata con un giusto bilanciamento tra valorizzazione della stessa e spirito critico.  Gli effetti della saggezza diventano la nostra capacità di vivere rapporti positivi, di dare alle aspettative una meta realistica e raggiungibile in relazione alle nostre condizioni, di saper affrontare le situazioni di criticità senza lasciarsi scoraggiare ed abbattere. La saggezza è apprendere l’influenza strategica dei nostri sentimenti positivi, allenandoci a conoscerli e ad agirli, ciascuno nel proprio quotidiano, nelle piccole e grandi cose della complessa realtà.
La saggezza è una preziosa chiave con la quale apriamo le porte del mondo. Grazie a questo sentimento possiamo comprendere ciò che è giusto o sbagliato, distinguere, in qualche modo, il bene dal male, l’etica dalla furbizia dei disonesti. Nessun leader è tale se, prima di ogni altro aspetto, non è saggio. 

Conclusioni

Siamo arrivati in fondo a questo viaggio attraverso le emozioni e i sentimenti.
Mi auguro che questa “mini-guida” possa essere di supporto per comprendere quanto sia collegata l’efficacia in azione delle nostre capacità ai nostri stati d’animo e ai nostri sentimenti.

Il primo passo per potenziare questa efficacia è la conoscenza. 

Saper riconoscere la condizione del nostro stato d’animo e sapere su quali capacità agisce ci permette di sviluppare la nostra Emotional Agility.

 

Angela Gallo, Presidente di IdeaManagement

 

 

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