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     n. 17 anno 2024

La frontiera generativa che le pratiche HR devono attraversare per costruire «lavoro sostenibile»

di Gabriele Gabrielli

di Gabriele Gabrielli

Organizzare il lavoro e gestire le persone in modo sostenibile continua ad occupare, dopo la pausa estiva, un posto di primo piano nelle agende di manager e funzioni HR. Vediamo ripetersi, o assumono dimensioni più rilevanti, infatti, pratiche che lasciano intendere che lo sforzo in tale direzione sia ancora insufficiente. 
Qualche evidenza. Le morti e gli incidenti sul lavoro continuano a riempire la cronaca con drammatica frequenza e gravità; report di fonti diverse evidenziano livelli di motivazione dei lavoratori bassi e largamente inadeguati a rispondere alle sfide competitive e a quelle poste dalle molteplici transizioni che stiamo attraversando. Non solo. Il diffuso senso di disagio che si prova negli ambienti di lavoro indica che le persone non si sentono al loro posto e che l’ascolto delle loro istanze lascia a desiderare.
Sta mancando probabilmente quel cambio di mindset che occorrerebbe ai protagonisti del lavoro, in primo luogo ai manager, per realizzare con determinazione un processo di trasformazione duraturo verso la sostenibilità.
Qualche volta si ha l’impressione, mettendosi in ascolto, che non siano chiari i fattori e le condizioni che abilitano il lavoro sostenibile e il benessere delle persone. Spesso non vengono approfonditi e, come nel gioco del Monopoli, si preferisce saltare questo passaggio per andare direttamente alla casella successiva dove campeggia la scritta: “l’importante è promuovere iniziative che risuonino con la sostenibilità”. Insomma, premia mostrare di essere interessati all’agenda 2030 e ai criteri ESG più che avere interiorizzato i loro principi per farli diventare guida dell’azione.
Forse occorre maggiore ispirazione perché non bastano freddi report sui KPI scelti. Sono necessari anche questi, ci mancherebbe, ma il rischio è che l’approccio rendicontativo, direbbe Mario Calderini, prevalga su quello trasformativo e rivoluzionario della sostenibilità anche del lavoro.
Può avere un grande valore, da questa prospettiva, riflettere su un pensiero che traggo da un saggio di Alain Supiot. Il giuslavorista francese scrive che per essere realmente umano il lavoro «deve dare all’homo faber la possibilità di mettere una parte di quello che è in quello che fa, di dare corpo ai propri pensieri, di far realizzare al di fuori di sé ciò che ha concepito dentro di sé». 
Se riuscissimo a so-stare su queste poche parole riusciremmo a trarre grande ispirazione per orientare lo sforzo di manager e funzioni HR e costruire lavoro sostenibile duraturo.
La riflessione che prende le mosse dallo scritto di Supiot suggerisce che per essere sostenibile il lavoro deve riflettere almeno in parte quello che siamo in termini di personalità, competenze, aspirazioni. Altrimenti il lavoro rischia di diventare, nella lettura marxiana, solo fonte di alienazione. Perché il lavoro possa riflettere almeno in parte quello che siamo occorre, però, che qualcuno sia interessato a porre in essere un’azione di ascolto delle persone e di progettazione coerente del lavoro. Come a dire che il lavoro non può essere solo dato e assegnato, ma va co-costruito per generare benessere, motivazione e soddisfazione, come alcune efficaci pratiche ci mostrano. 
Ambiti di lavoro nei quali lasciarsi ispirare dal pensiero di Supiot ce ne sono, forse toccano tutte le pratiche di human resource management. Un terreno importante è certamente quello della formazione che non può essere vissuta solo come esigenza che viene dall’alto, dovendo invece incorporare anche i bisogni delle persone. I programmi di re-skilling spesso saltano la fase dell’ascolto per andare direttamente alla erogazione senza reciprocità. 
Un altro ambito interessante è quello che riguarda il disegno delle carriere e la gestione della mobilità professionale. Costituirebbero grandi opportunità per implementare il lavoro sostenibile ricorrendo alla leva del coinvolgimento e della partecipazione che consentirebbero di realizzare al di fuori di sé ciò che si è concepito dentro di sé.
È questa la frontiera generativa che devono attraversare le pratiche di gestione delle risorse umane per entrare nel territorio del lavoro sostenibile. 

 

Gabriele Gabrielli
Coach e consulente è Founder e Ceo di Studio Gabrielli Associati Srl e di People Management Lab S.r.l Società Benefit e BCorp certificata.Ideatore e presidente della Fondazione Lavoroperlapersona ETS, è professore a contratto di Organizzazione e gestione delle risorse umane e People management e reward all’Università Luiss Guido Carli e di Remunerazione e gestione delle risorse umane all’Università Europea di Roma dove è anche direttore del Master di 1^ livello in Sustainable HRM. I suoi lavori più recenti sono: Ridisegnare il lavoro, 2022; Rigenerare la dignità del lavoro, 2023 e La società tra prestazione e relazioni, tutti per l’editore Franco Angeli. 

 

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