n. 2 anno 2025
La sostenibilità a termine. Il capitalismo ritorna sui suoi passi?
di Gabriele Gabrielli
Se domandassimo a leader, manager e professional delle funzioni risorse umane di organizzazioni e imprese qual è l’approccio adottato dall’azienda nei riguardi della sostenibilità del lavoro, chiedendo anche di raccontare cosa fanno concretamente, la gran parte risponderebbe con molta probabilità e con orgoglio mostrando una lista più o meno lunga di iniziative ricomprese nei programmi di Diversità, Equità e Inclusione (indicato come si sa con l’acronimo DEI).
In effetti, secondo una recente ricerca, queste pratiche hanno impegnato attivamente le imprese soprattutto negli ultimi cinque anni, anche se un terzo del campione composto da oltre cento aziende dichiara di essere impegnate attivamente in tale direzione da un tempo maggiore, anche superiore talvolta ai dieci anni. La ricerca a cui facciamo riferimento è stata condotta nel 2023 dal Centre for Employees Relations and Communication (CERC) dell’Università IULM di Milano.
La risposta che raccoglieremmo, dunque, farebbe ben sperare, lasciando intendere che sta crescendo sensibilmente la consapevolezza di quanto sia importante, nella prospettiva della sostenibilità, lavorare secondo questa prospettiva. Il fervore dell’impegno, in altre parole, sembra indicare che le imprese vogliano davvero imboccare la strada di una profonda trasformazione culturale, prima ancora che operativa.
D’altronde è il mercato stesso che chiede questo cambiamento dal momento che gli investitori sono ormai propensi a valutare non solo la bontà delle rendicontazioni finanziarie ma anche il profilo ESG (altro acronimo che va per la maggiore) dell’impresa, tra le cui dimensioni ci sono anche quelle di sostenibilità sociale, come l’impegno contro le disuguaglianze e a favore dei diritti umani, della diversità, parità di condizioni, tutte intese a mostrare il radicamento di un approccio inclusivo.
Insomma, le imprese attraverso le iniziative identificate con l’etichetta DEI dichiarano di avere a cuore le persone e il loro benessere ancor prima del business. La nuova filosofia potrebbe essere associata ai tre cerchi della copertina del libro di Vittorio Lingiardi Io, Tu, Noi (Utet, 2019), spiegati efficacemente dal sottotitolo del saggio: «Vivere con sé stessi, l’altro, gli altri».
Va aggiunta una cosa però, che capita anche di scoprire come talvolta “non si razzola ciò che si predica”, nel senso che le iniziative DEI possono essere utilizzate più per apparire compliance con le aspettative, piuttosto che l’esito di una convinta e stabile strategia dell’impresa ancorata a una visione etica e di lungo periodo.
Non capita invece di ascoltare esperienze che raccontano esplicitamente il disaccordo o che emettano un giudizio di inutilità delle iniziative DEI, semmai può trapelare l’ipocrisia con la quale talvolta vengono realizzate. Come a dire: “ci interessa poco o nulla la diversità, l’equità, l’inclusione, ma dobbiamo occuparcene perché così va il mondo e ci tocca fare buon viso a cattiva sorte”.
Sta facendo molto discutere (poteva essere diversamente?) la decisione di Zuckerberg, fondatore e amministratore delegato di Meta, di cancellare con un semplice colpo di spugna le politiche adottate sin qui su Diversità, Equità, Inclusione. Si tratta, è il commento de Il Sole 24 Ore (11 gennaio), di “una brusca virata conservatrice”. Viene calato il sipario “su programmi interni per promuovere diversità, equità e inclusione. Eliminata la squadra e cancellati i criteri dedicati ai valori dell’acronimo “Dei”, finora adottati in assunzioni, formazione e scelta dei fornitori”. Perché? Ufficialmente la ragione comunicata ai dipendenti è di una semplicità disarmante. Janelle Gale, vicedirettrice delle risorse umane, ha affermato: «Il quadro legale e politico sta cambiando». Insomma, le politiche DEI non sono più utili. Vuol dire semplicemente che erano state adottate con il metro della convenienza.
Il caso propone molteplici piani di lettura. È solo il segno più evidente della retromarcia che i protagonisti dell’economia hanno innestato o il gesto interessato di uno dei più ricchi imprenditori al mondo? La trasformazione del capitalismo è già al capolinea oppure la sua spinta non è affatto esaurita? Come ritornare ad impegnarsi per ricercare le vie dell’essere e non quelle dell’apparire? L’aria sta cambiando anche nella mia impresa? Il caso poi, è naturale, interroga direttamente ciascuno di noi.
Gabriele Gabrielli
Coach e consulente è Founder e Ceo di Studio Gabrielli Associati Srl e di People Management Lab S.r.l Società Benefit e BCorp certificata. Ideatore e presidente della Fondazione Lavoroperlapersona ETS, è professore a contratto di Organizzazione e gestione delle risorse umane all’Università Luiss Guido Carli e di Remunerazione e gestione delle risorse umane all’Università Europea di Roma dove è anche direttore del Master di 1^ livello in Sustainable HRM. I suoi lavori più recenti sono: Ridisegnare il lavoro, 2022; Rigenerare la dignità del lavoro, 2023 e La società tra prestazione e relazioni, tutti per l’editore Franco Angeli.