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     n. 7 anno 2025

Zuckerberg cancella la diversità una moda al tramonto?

di Luigi Rigolio

Il Corriere Della Sera, con un articolo dell’11 gennaio 2025, a firma Martina Pennisi, ci informa che il fondatore di Facebook ha cancellato i programmi di Inclusione, diversità ed equità.

Il Team D&I è stato smontato e Maxime Williams, attuale Responsabile della Diversity, è stato orientato ad altro incarico. 

La giornalista ritiene che la mossa di “Zuckertrump” sia stata fatta in vista della salita al trono del nuovo presidente USA. 

Potrebbe essere un’interpretazione corretta, in quanto i Leader fanno a gara ad entrare nel salotto del Principe, come per altro è sempre avvenuto. 

Sembra che nell’era Trump i tribunali valuteranno i contenziosi senza considerare l’appartenenza ad una minoranza di qualsiasi tipo come elemento legale; parole assumere un dipendente per includere un diverso potrebbe diventare un’ingiusta esclusione di altri candidati che non possono vantare tale diversità. 

Indipendentemente dall’interpretazione della decisione di Zuckerberg, siamo ad un punto di svolta della cultura HR, al declino di una moda?

Diversità, un valore economico

 Il valore della diversità, nel mondo HR, non è mai stato in discussione, e rappresenta uno dei più antichi e solidi “insight” della psicologia organizzativa. 

Per Omero, il divino maestro, l’esercito che vince è formato da eroi diversi; la pluralità è la ricchezza degli Achei, che schierano fianco a fianco il molto sapiente (talento di Problem Solving) Odisseo, Nestore negoziatore, Achille campione in battaglia e così via... 

Nonostante la pessima regìa di Agamennone, capostipite del capo maldestro, alla fine la diversità fa la differenza contro l’uniforme esercito troiano. 

Ma un Team vincente non si forma con slogan né nominando un Responsabile della Diversity

Bizzarre caselle nell’organigramma, in combinazione con software e template, invece di supportare la reputazione del Management o del dipartimento HR, trasformano l’impresa in teatro di incomprensibili e grottesche interazioni. 

Il talento: la moneta a due facce 

Omero e la Bibbia, intramontabili manuali di psicologia, sono concordi: le attitudini individuali sono una medaglia a due facce. 

Il simbolo scelto per descrivere il patrimonio ereditario è il talento, una moneta che presenta due facce: un punto di forza che corrisponde ad un punto di debolezza.  

Una persona precisa non può essere sintetica, una persona analitica non può essere rapida nelle decisioni, un atleta adatto a sollevare pesi non può vincere le gare di velocità. 

Il disabile, in ottica HR, non è una persona con uno svantaggio ai nastri di partenza, quanto un lavoratore inserito in un ruolo inappropriato. 

Fondamentali solidi, basati su teorie confermate da tutti i testi sacri, sono la migliore difesa dai pregiudizi sessuali, etnici o derivati da una disabilità psico-fisica. 

Includere o escludere in base all’esame dei punti di forza è, o dovrebbe essere, la normale pratica HR piuttosto che un valore da sbandierare. 

Selezionare significa escludere 

Quando Odisseo, Recruiter degli Achei, va ad arruolare Achille, lo trova vestito da donna in un gruppo di fanciulle, deciso ad evitare la guerra. 

Odisseo getta nel mezzo vestiti da donna, nascondendoci armi; le fanciulle si provano i vestiti mentre Achille si mette a maneggiare spada e scudo, venendo così smascherato. Il Recruiter sapeva che, per quanto demotivato, indisciplinato e bisessuale, il figlio di Teti era colui che avrebbe fatto la differenza. 

Achille non viene assunto per obbedire ad una direttiva politica che impone di includere un bisessuale affetto da un disturbo mentale; il molto sapiente Odisseo superò tutte le apparenze con un test che mirava alla sostanza, il talento di Achille in guerra. 

I candidati che hanno il potenziale per un ruolo specifico sono una minoranza e selezionare significa prima di tutto escludere, lo dice la lingua italiana. 

Quando il candidato con il migliore potenziale viene escluso (o incluso) perché appartiene ad una minoranza etnica o religiosa, per l’inclinazione sessuale, per l’età o per una disabilità si indebolisce la squadra, l’impresa avrà meno possibilità di successo. 

La funzione HR porta valore quando individua, per includere e per escludere, l’inclinazione individuale, evitando i pregiudizie le valutazioni superficiali. 

“Siamo un’azienda inclusiva” è una fuorviante riformulazione di “Valutiamo le persone oltre le apparenze, individuando ciò che conta…”. 

Un’azienda che include per bilanciare i sessi o per ottenere una foto di gruppo multietnica non ha bisogno di specialisti HR, di test in Selezione, ma di contabili della diversità. 

La cultura della diversità non si improvvisa 

L’inclusione della diversità è un faticoso percorso fatto di buone pratiche, non un valore da sbandierare. 

Assumere un lavoratore con disabilità motoria prevede investimenti architettonici, assumere persone che appartengono a culture diverse richiede interventi sulla cultura, così come includere chi soffre di un disturbo mentale. 

Un ambiente inclusivo non si improvvisa, si costruisce con pazienza e investimenti, che si ripagano alla grande; in un mercato del lavoro che sarà invaso da diversi la selezione non può seguire mode o slogan. 

Sintesi 

La politica del personale basata sulla politica e sulle mode genera sofferenza, malattia, disabilità, costi enormi.  

Le buone pratiche hanno radici antiche e mirano a valorizzare il potenziale individuale, indipendentemente da etnia, inclinazione sessuale, disabilità. 

La diversità ha sempre portato benefici se combinata con la capacità di escludere coloro che non sono adatti per il ruolo da ricoprire. 

Includere non significa ammucchiare diversità e minoranze ma sviluppare cultura dell’accoglienza. 

La presenza o mancanza di specifiche attitudini si rivela grazie a test mirati.

Un Leader innovatore, prima o poi, mette in discussione l’ultima moda, per fare spazio alla successiva... 

 

Luigi Rigolio, Management Consultant, Senior Trainer

 

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